OPI

La poesia
del Parco nazionale d’Abruzzo

Il piccolo borgo di Opi

 

Opi è un minuscolo borgo del Parco nazionale d’Abruzzo e Molise che per dimensioni e compattezza potrebbe ricordare una poesia di Aldo Palazzeschi: Rio Bo. Che recita così: «Tre casettine dai tetti aguzzi,/ un verde praticello,/ un esiguo ruscello: Rio Bo,/ un vigile cipresso. Microscopico paese, non è vero? Paese da nulla; ma però, c’è sempre di sopra una stella,/ una grande magnifica stella,/ che a un di presso/ occhieggia con la punta del cipresso/ di Rio Bo./ Una stella innamorata! Chi sa/ se nemmeno ce l’ha/ una grande città».

Opi, inerpicato sulle montagne del Parco nazionale d'AbruzzoDel resto con i suoi attuali circa 400 abitanti il borgo è davvero piccolo ma spicca perché è costruito su un costone di roccia in mezzo ad una valle tra alcuni dei monti più alti del parco: il Marsicano, il Monte Amaro e il Petroso.

Arrivando da Roma, attraverso la strada che proviene da Sora, si passa per il valico di Forca d’Acero ed il su bellissimo bosco e, dopo alcuni tornanti nella grande piana attraversata dal fiume Sangro, si scorge subito Opi ben arrampicato sulla sua collina.

Insediamenti umani nella zona partono sin dal paleolitico anche se il nome del borgo viene fatto risalire al termine romano ops, lavoro agricolo.

L’area fu dominata dai popoli italici: marsi, sanniti, volsci fino a che i romani non estesero all’intera area il loro controllo a seguito delle guerre sannitiche del IV e III secolo avanti Cristo.

Il borgo però assume una prima forma grazie ai benedettini che dall’anno mille cominciano ad edificare in tutta l’area conventi.

Nel corso dei secoli Opi continuò il suo sviluppo legandosi soprattutto alla pastorizia che divenne, fino a fine ‘800, la vera industria dell’area. Con la sua crisi, e con i devastanti terremoti che ciclicamente colpiscono l’Abruzzo, il borgo cominciò a spopolarsi con flussi migratori verso Stati Uniti, paesi europei e Roma.

I suoi abitanti hanno però sempre conservato un grande amore per il borgo, che d’estate si rianima anche grazie ai turisti che animano il Parco Nazionale.

Il Museo del Camoscio

Camosci nel Parco Nazionale d'Abruzzo e MoliseDa vedere nel borgo ci sono due chiese, tra cui quella principale dedicata a Santa Maria Assunta e che domina la strada principale.

L’uso della pietra e del legno rende questi luoghi sacri semplici, umili e molto belli per lo spirito di preghiera e devozione che ispirano.

Il borgo ospita inoltre anche dei punti panoramici molto belli da cui si possono vedere tutti i monti che affacciano sulla valle.

Il Museo del Camoscio, interessante da esplorare, racconta la storia di uno degli animali protetti che da sempre popola il Parco e lo vive quotidianamente. Il Palazzo comunale è anche notevole ma in generale è bello passeggiare per le stradine del borgo sentendo d’inverno l’odore della legna che arde per scaldare le case o godendosi il silenzio prodotto dalla neve.

Opi con gli occhi di Escher

Il borgo di Opi ritratto da M.C. EscherIl grande illustratore Maurits Cornelius Escher (in questi giorni a Roma c’è una sua grande mostra a Palazzo Bonaparte) seppe cogliere questa bellezza e riprodusse Opi in una delle sue opere. Trovò infatti che molti borghi abruzzesi inerpicati tra le montagne fossero uno specchio ideale delle sue immaginifiche architetture. E seppe cogliere infatti il continuum che Opi rappresenta tra terra e cielo, piana e montagna, oltre alla capacità dell’uomo di modellarsi all’interno del territorio, rispettandolo.

Il grande tesoro di queste zone sono proprio le passeggiate naturalistiche. In autunno ed inverno una gita in questi luoghi merita per lo spettacolo immenso dei colori delle foglie.

In primavera ed estate per le camminate dove è possibile incontrare camosci e volpi. I più fortunati, con molta cautela e senza andare nel panico, potrebbero anche vedere l’orso marsicano che serenamente vive nella zona. E tra i tanti boschi sicuramente le faggete vetuste sono tra le più belle al mondo. Con alberi che risalgono anche a 560 anni fa.

Le faggete patrimonio Unesco

L’Unesco ha dichiarato tutte le faggete di Opi e della vicina Pescasseroli patrimonio dell’umanità. Difficile non condividere questa scelta se ci si immerge nel silenzio e nello spettacolo di questi boschi. Ci si può sentire parte di un dipinto.

L’ospitalità nella zona non manca, inclusi anche alcuni campeggi nella piana. Il cibo semplice ed ottimo è legato alla cultura di montagna e vale la pena assaggiare patate maritate e la verdura locale: gli orapi.

Opi nella sua grazia merita sempre una visita, ma sicuramente durante la festa patronale del 23 e 24 giugno e durante l’infiorata il paese brilla di bellezza. O ancora meglio la sera del 24 dicembre, quando si ripete il rito dei catozze, un grande falò acceso di fronte alla chiesa parrocchiale che riscalda gli animi assieme possibilmente ad un buon vin brulè.

Domenico Chirico

 

 

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