L’OFFENSIVA TURCA IN SIRIA

Erdogan non si ferma
e minaccia l’Europa

 

E alla fine, che guerra sia! Tra chi balbetta, chi ci ripensa, chi condanna e chi sta a guardare, il terzo (o quarto) gode. È Recep Tayyip Erdogan.

Non vedeva l’ora di mettere le mani su quella striscia di terra, anche a costo di sterminare i curdi, tutti i curdi, un popolo che lui, da sempre, non chiama con il nome proprio ma con l’appellativo di «terroristi». E per fare questo, per addivenire al suo obiettivo è stato disposto a tutto: anche all’utilizzo dei tagliagole superstiti dell’Isis.

Fino ad ora era bloccato dalle forze armate statunitensi, ma con la loro partenza queste hanno permesso di fatto l’inizio del conflitto. Un rischio per noi occidentali c’è ed è concreto.

I curdi custodiscono oltre 11mila foreign fighters che l’Europa non ha voluto indietro. Il rischio è che questi signori scappino dalle prigioni vigilate dai curdi e si uniscano ai superstiti dello Stato Islamico.

Potrebbe significare una recrudescenza ed una nuova fiammata del terrore andato in scena fino a poco fa ed appena sopito. Ma come il fuoco cova sotto la cenere, con nuova legna potrebbe ravvivarsi subito.

E spudoratamente, Recep Tayyip Erdogan, con le mani già che grondano di sangue di donne, bambini, vecchi, minaccia. Minaccia l’Europa. L’Europa ingenua che pensava di far affari con questo sultano.

Sono vent’anni che l’Europa paga la Turchia. L’ha inondata con miliardi di euro: tra il 2002 e il 2006 ha garantito alla Turchia fondi per 1,3 miliardi triplicati a 4,8 tra il 2007 e il 2013 e 4,5 tra il 2014 ed oggi.

Nel 2016 è stato stanziato un pacchetto di 3 miliardi finalizzato specificatamente al blocco dei flussi di profughi. Dopo pochi mesi l’Europa ha pagato un’altro miliardo per «efficientare lo stato turco agli standards europei».

Un fiume in piena di denaro che ha inondato le casse dello stato turco anche dopo la svolta filo-islamista di Erdogan. E questa nuova guerra ne è il frutto. Ora l’Europa sta pensando di interrompere la vendita di armi, ma il patatrac è già stato fatto. La frittata è servita in un piatto d’argento, anzi d’oro!

Ed Erdogan alza la voce, come chi, sapendo di stare nel torto, attacca per primo. Se l’Ue ci accuserà di «occupazione» della Siria e ostacolerà la nostra «operazione» militare, «apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi», dice L’operazione militare «Fonte di pace» nel nord-est della Siria è iniziata e lui non intende fermarsi. Non vuole intromissioni.

La Turchia ha affermato in una lettera al Consiglio di Sicurezza Onu che la sua operazione militare sarebbe «proporzionata, misurata e responsabile. L’operazione prenderà di mira solo terroristi e i loro nascondigli, rifugi, armi ed equipaggiamenti», si legge ancora nel documento, pubblicato per stralci dall’Agenzia Nazionale Stampa Associata.

Ovviamente video e foto provenienti dai territori di guerra, assieme ai reportage dei giornalisti accorsi sul campo riportano ben altre notizie: spargimenti di sangue già copioso tra la popolazione civile inerme e terrorizzata. Sarebbero già oltre settantamila le persone in fuga dai territori oggetto dei combattimenti. Profughi si assommano a persone già in fuga dal centro della Siria.

Ed intanto è stallo al Consiglio di sicurezza dell’Onu che non riesce a trovare un’intesa per una dichiarazione comune sull’offensiva della Turchia in Siria. Infatti se una parte di paesi europei, Italia, Germania, Belgio, Francia, Polonia, Gran Bretagna ed Estonia hanno proposto una dichiarazione congiunta in cui chiedere l’immediata cessazione delle attività militari Turche, dall’altra Russia e Stati Uniti hanno una posizione non chiara ed attendista ed in dissenso con la posizione europea.

In questo quadro ha mano libera il califfo Recep Tayyip Erdogan che bombarda senza perdere tempo. Vuole arrivare il prima possibile alla meta, prima che il vecchio continente si organizzi e prima che il congresso americano disponga lo stop a caro costo per lui e la sua politica scellerata.

Anche in questo caso si vede quanto sia ancora immatura la politica estera europea. Quanto, presi da egoismi particolaristici e campanilistici i nostri politici siano attivissimi nel perorare la causa, per esempio, di deroga per due millimetri nella pesca dei mitili per tentare di prendere qualche punto di mercato sulla Spagna, primo produttore di mitili lamellibranchi dopo di noi, ma quanto poi si disinteressino di problematiche ben più stringenti ed importanti come quelle della politica e della economia europea e mondiale.

Così, intanto, coi miliardi di euro pagati da noi, Recep Tayyip Erdogan invece di occidentalizzarsi, mette in scena quello che lui spera sia l’ultimo atto della tragedia dello sterminio del valoroso popolo curdo.

Svegliamoci e diamo una gomitata sulle costole dei nostri rappresentanti europei. È giorno da un pezzo: è giunta l’ora di prendere provvedimenti e fermare la mano del califfo che sta operando un genocidio, il genocidio del popolo curdo.

Lino Rialti

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