TURCHIA

Da Erdogan bombe sulla Siria
e migranti verso l’Europa

I migranti siriani spinti da Erdogan al confine greco

 

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha di fatto portato il suo paese in guerra aprendo due fronti: ad est contro la Siria e ad ovest con l’Europa; e se verso il vecchio continente ha lanciato la bomba dei migranti molto più nocive e pericolose le armi utilizzate in territorio siriano.

La provincia di Iblib, ultima roccaforte dell'IsisRiconquistata Aleppo il 18 febbraio, da circa una settimana si è intensificata l’azione militare di Damasco, supportata da Mosca, Teheran e Hezbollah per liberare Iblid, ultima sacca di resistenza al governo e ormai estremo lembo di territorio in mano ai terroristi islamici supportati e aiutati dalla Turchia.

Messo in ginocchio dall’offensiva governativa Erdogan prima a chiesto a Putin di farsi da parte «per far scontrare uno contro uno Turchia e Siria», quindi ha invocato l’aiuto della Nato, restia però ad un intervento diretto contro la Russia e l’Iran in un territorio ostico, ed infine ha aperto il confine con la Grecia per inondare l’Europa di migranti obbligando così Bruxelles ad intervenire in suo sostegno per bloccare questo afflusso.

Il «Sultano» di Ankara è stato chiaro: «Cosa abbiamo fatto? Abbiamo aperto quelle porte. Non chiuderemo quelle porte. Perché? Perché l’Europa deve mantenere le promesse», accusando la Ue di averlo abbandonato nella guerra contro la Siria, dove solo nel fine settimana sono stati uccisi oltre 30 militari turchi.

Secondo Erdogan sarebbero circa 30mila i disperati che dalle regioni interne della Turchia si starebbero dirigendo verso i confini con Grecia e Turchia, una cifra probabilmente gonfiata a dismisura dal momento che le autorità di Atene hanno riferito di circa 4 mila migranti cui sarebbe stato impedito l’ingresso illegale nel paese ellenico, anche se i movimenti all’interno della Turchia di autobus diretti al confine non si fermano.

La Grecia non può far fronte da sola all'ondata migratoria indotta dalla Turchia«La Grecia ha dovuto affrontare un tentativo organizzato, di massa e illegale di violare i suoi confini e l’ha superato. Abbiamo protetto i nostri confini e quelli dell’Europa», ha dichiarato il portavoce del premier Kyriakos Mitsotakis, anche se la scelta turca ha provocato numerosi scontri e disordini, con la polizia greca costretta ad usare gas lacrimogeni per respingere i profughi, che hanno risposto con lanci di pietre. Resta alto il livello di allarme anche sulle isole greche dell’Egeo, dove non si registra un aumento significativo degli sbarchi anche per le difficili condizioni del mare.

«La Turchia non può gestire la nuova ondata di rifugiati da Idlib» è la giustificazione di Erdogan che intanto ha provocato una situazione simile a quella del 2015 quando venne presa d’assalto la rotta Balcanica, proprio nelle settimane in cui la Grecia stava vivendo sull’orlo del fallimento e Erdogan continuava ad alzare la posta con la Ue per tenere chiuse le frontiere.

Per il momento al Consiglio di Sicurezza dell’Onu diversi paesi, a partire dai membri europei, hanno chiesto di fermare l’escalation militare in Siria, dove per il segretario generale Antonio Guterres si è arrivati «a uno dei momenti più allarmanti del conflitto», ma gli Usa hanno ribadito il loro sostegno alla rappresaglia turca anche per cercare di incrinare l’intesa sorta negli ultimi anni tra Mosca ed Ankara, non a caso le trattative tra Erdogan e Putin proseguono anche se appaiono dirette verso un vicolo cieco che rischia di far deflagrare l’alleanza strategica tra i due a poche settimane dalla prevista entrata in funzione del sistema missilistico russo di difesa aerea S-400, che Ankara ha acquistato nonostante l’opposizione del Pentagono e della Nato.

Probabile che la prossima settimana Putin e Erdogan si vedano a Mosca per trovare una soluzione mentre ad Iblid si continua a combattere e i profughi continuano ad ammassarsi al confine con la Ue.

Fabrizio Di Ernesto

Lascia un commento