Sarà Riad a ospitare l’Expo 2030. Un verdetto spiacevole, certo. Spiacevole e persino umiliante, considerate le proporzioni del divario dalla capitale saudita che si è aggiudicata la sfida accaparrandosi ben 119 voti contro appena 17. Vale a dire il 700 per cento. Giusto giusto. E pesantissimo.
Già parlare di sfida, d’altronde, è sbagliato e troppo gentile: perché fa pensare a una corsa a due, mentre la nostra candidatura è stata relegata a un modestissimo terzo posto, nettamente distanziato anche dalle 29 preferenze raccolte da Busan.
Che è sì un importante centro portuale della Corea del Sud, ma almeno in teoria non dovrebbe apparire così attraente come ospite di un evento di questo calibro. Al cospetto della Città Eterna, per di più.
Una prevedibile stroncatura
Allo stesso tempo però, ed è questo ciò su cui bisogna concentrarsi, ci troviamo di fronte a una stroncatura tutt’altro che imprevedibile. E soprattutto, ahinoi, tutt’altro che immeritata.
Le cause sono indubbiamente anche altre e vanno ricercate all’estero: dalla potenza economica dell’Arabia Saudita ai profondi mutamenti degli assetti internazionali, in chiave multipolare e a scapito del vecchio predominio dei Paesi occidentali. Ma sono appunto delle concause esterne. Che si aggiungono a quelle interne.
Il dato innegabile è che Roma è una metropoli degradata e malconcia, che sopravvive a stento sotto il peso dei suoi innumerevoli problemi.
Un groviglio di interessi faziosi e di comportamenti più o meno opachi, dal Campidoglio in giù, che hanno trasformato la scorrettezza in una prassi corrente.
A basso livello, una miriade di piccole violazioni che mirano solo a tirare avanti. A livello più alto, e più colpevole, il ripetersi di condotte spregiudicate quando non addirittura illegali e criminose. Più che un modus vivendi un modus morendi. O agonizzandi.
Credibilità della Capitale a picco
Il risanamento è stato mille volte promesso. E mille volte mancato. Senza tradurlo, mai, in un’autentica inversione di rotta.
Quando è andata bene, si fa per dire, alcuni interventi hanno migliorato degli aspetti specifici e circoscritti, mentre la generalità delle situazioni deteriori rimaneva sostanzialmente la stessa.
Oppure si aggravava, visto che l’incuria non si limita a perpetuare i guasti già esistenti ma li acuisce ulteriormente. E magari ne innesca di nuovi: come ad esempio, per citarne solo uno, il dilagare dei cinghiali all’interno del tessuto urbano.
I romani le prime vittime
Le prime vittime di tutto questo siamo noi che ci abitiamo, ma le ripercussioni interessano, eccome, anche quelli che risiedono altrove.
Da chi ci viene per lavoro, o per altre necessità, a chi lo fa per turismo. Da chi è anch’egli italiano, e perciò può forse essere meno infastidito dal traffico caotico, dalla sporcizia delle strade e dagli altri disservizi grandi e piccoli.
Oppure, viceversa, dagli stranieri che arrivano qui perché sono attratti dal fascino di un luogo così suggestivo per il patrimonio artistico e il retaggio storico, ma poi si ritrovano immersi in una realtà che va in direzione opposta ai loro desideri.
Già: noi siamo le prime vittime, ma non siamo affatto gli unici testimoni. E quando quelle testimonianze concordano al negativo e rimbalzano di continuo ai quattro angoli del mondo, dai mass media tradizionali ai social di Internet, il danno di immagine è fatto. Fatto e pressoché permanente.
Expo 2030 a Roma? E perché mai le dovremmo dare un’occasione di questo rilievo, se non è nemmeno capace di gestire l’ordinaria amministrazione?
Possiamo dirlo a malincuore, ma chi ha ragionato così ha le sue buone ragioni. Che sono fondate anche se a noi fanno male: specialmente a noi che di Roma siamo cittadini e che ne vorremmo anche essere orgogliosi.
Non soltanto soddisfatti come utenti, qualora venisse finalmente amministrata in modo efficiente, ma proprio orgogliosi.
Orgogliosi al presente, oltre che per la grandiosità di un passato che è tanto straordinario quanto ormai remotissimo.
Orgogliosi come lo si è quando si sente, quando si sa, di appartenere a una comunità che fa del suo meglio e che non si stanca di farlo.
Gerardo Valentini