REPORT APRE IL CASO SPANO

Il «chiacchiericcio mediatico»
che scuote il Mic

Dopo l’annuncio di Sigfrido Ranucci di una puntata di Report incentrata sulle vicende del MAxxi, Francesco Spano si è dimesso da Capo di gabinetto del Ministro della Cultura Alessandro Giuli.

 

Non c’è pace al Ministro della Cultura, dopo le dimissioni di Sangiuliano per il caso Boccia, mercoledì 23 ottobre sono ora arrivate le dimissioni di Francesco Spano, nominato da qualche giorno capo di gabinetto del neo ministro Alessandro Giuli.

Francesco SpanoSecondo quando apparso sulla stampa la rinuncia di Spano sarebbe legata ai possibili risvolti dell’annunciata puntata della trasmissione Report del 27 ottobre.

L’inchiesta realizzata dai giornalisti agli ordini di Sigfrido Ranucci ruoterebbe intorno al Maxxi nel periodo in cui Francesco Spano ricopriva il ruolo di segretario generale. Si tratterebbe di una lauta consulenza assegnata a Marco Carnabuci, con il quale lo stesso è unito civilmente.

Il caso peraltro sembra essere precedente all’arrivo nel 2022 di Giuli alla presidenza del Maxxi.

Il percorso di Francesco Spano

L'ex presidente del Maxxi Giovanna Melandri, sostituita nel dicembre 2022 da Alessandro Giuli

Avvocato, nato a Pisa nel 1977, Francesco Spano è stato direttore generale dell’Ufficio nazionale discriminazioni razziali dal 2015 al 2017, quando ha lasciato il suo incarico a seguito della vicenda del finanziamento di una associazione Lgbtq. Le accuse sono poi cadute e Spano ne è uscito pulito.

Dopo l’incarico a Palazzo Chigi, è stato nominato segretario generale della Human Foundation, un ente privato di ricerca e consulenza per le soluzioni innovative ai bisogni delle comunità presieduta da Giovanna Melandri.

La stessa ex ministra lo ha poi voluto con sé al Maxxi, nel ruolo di segretario generale, dove nel 2022 ha conosciuto Giuli. Il neo ministro lo ha prima confermato nel suo ruolo e lo ha poi chiamato a sostituire Gilioli al Mic.

La nomina di Spano a Capo di Gabinetto è risultata da subito controversa in alcuni ambienti conservatori, ma le dimissioni sembrano conseguenza dell’anticipazione dell’inchiesta di Report diffuse da Ranucci.

Chiamata in causa, l’ex numero uno del Maxxi Giovanna Melandri, ha eluso il tema del possibile conflitto di interessi e ha passando la palla» al Governo Meloni. La pressione che avrebbe indotto lo Spano alle dimissione sarebbe una presunta «omofobia» dell’ambiente di provenienza del ministro.

Una nomina indigesta

Il ministro della Cultura Alessandro GiuliIn realtà la nomina veniva osteggiata in virtù di un precedente scandalo documentato, dalla trasmissione televisiva delle Iene, che faceva luce sui finanziamenti dell’Unar, organismo istituzionale antidiscriminazione (attento a promuovere l’agenda Lgbt), ad un’associazione gay coinvolta in attività a luci rosse.

Filippo Roma, in un’intervista di qualche mese fa, ricostruiva la vicenda informando della sentenza che lo assolveva dalla diffamazione intentata proprio da Spano nei suoi confronti per l’inchiesta Unar.

Venivano infatti confermate le attività «poco istituzionali» dell’associazione finanziata con soldi pubblici, nonché la circostanza che Spano doveva esserne a conoscenza in quanto tesserato della stessa.

Francesco Spano, che veniva dalla segreteria del Maxxi (2013-2015, al tempo a guida Melandri), si era dimesso per poi approdare nel 2017 all’Human foundation, fondata proprio dalla Melandri nel 2012 (a capo del Maxxi dal 2011 al 2022).

Da lì, il 23 giugno 2022 (determina 11/2022) Spano succede a Pietro Barrera alla Segreteria Generale del Maxxi. Subentrato Nel dicembre 2022 alla Melandri, Giuli lo conferma nel ruolo segretario generale.

Proprio questa circostanza viene omessa da ogni ricostruzione compiuta nei quotidiani di orientamento ostili al Governo, come ad esempio l’Unità che preferisce la cortina fumogena dell’omofobia.

La stessa Melandri omette questo passaggio nella sua risposta, anche perché nel sito del Maxxi si trova l’incarico (ma rinnovato) coincidente con l’arrivo di Giuli nel 2022. In ogni caso la determinazione n. 22/2022 del Maxxi chiarisce il passaggio.

L’avvocato Marco Carnabuci

L'avvocato Marco CarnabucciNel 2018 era intanto approdato alla fondazione Maxxi, con l’incarico della protezione dei dati personali, l’avvocato Marco Carnabuci, già difensore di Spano per l’affare Unar e collega dello stesso proprio alla fondazione Human presieduta da Giovanna Melandri.

Il rapporto tra i due avvocati non è solo di continua frequentazione, nel giugno del 2024 si sono uniti civilmente, proprio nel momento in cui l’avvocato Carnabuci riceveva un nuovo incarico di gestione (per 14mila euro), consulenza per il Modello di organizzazione e gestione (Mog).

Inoltre, viene citato nel piano triennale di trasparenza e integrità, quale Data Protection Officer (p. 22) e, nello stesso documento (p. 6) il responsabile della prevenzione della corruzione risulta proprio Francesco Spano.

Tale piano è posto come integrazione proprio del Mog 231, di cui alla consulenza Carnabuci, e postula l’implementazione del Codice etico, che includa la regolazione di casi di conflitto d’interessi (p. 19).

La Fondazione, si dice, assicura il rispetto della normativa vigente in materia di incompatibilità e inconferibilità, secondo il d. lgs 39/2013 e s.m.i.. Secondo il codice di condotta del Mic (artt. 6 e 7), ci sarebbe l’obbligo di astensione oppure la segnalazione di posizioni di conflitto (anche con persone con cui si avrebbe semplice frequentazione abituale), per dipendenti e dirigenti.

La nomina di Francesco Spano segue alla rimozione da Capo di Gabinetto del Mic di Francesco Gilioli, secondo Repubblica legata ad una fuga di notizie — proprio in favore della trasmissione Report — su Gennaro Sangiuliano e lo stesso Giuli.

I mal di pancia di molti ambienti dell’attuale compagine di governo erano legati alla militanza politica di Spano, alfiere di quella visione radicale e woke verso cui molti di loro si sentono antagonisti.

Una certa dicotomia ideologica non era estranea nemmeno a quel clima di scetticismo legato alla stessa nomina di Giuli. Interessante, ad esempio, la disamina degli scritti del neoministro fatta dal prof. Roberto De Mattei (molto vicino al Segretario del Consiglio dei Ministri, Alfredo Mantovano) figura culturale di spicco, che in passato ha avuto incarichi proprio dal centrodestra.

I richiami ivi presenti ad una corrente sulfurea (impersonata da eruditi cultori di esoterismo), uniti ad un’eredità gramsciana hanno insospettito non poco.

Gli annunci di mostre future su Pasolini e Mishima, ambedue grandi scrittori nazionali (ma conosciuti anche per l’orientamento sessuale), oltre a quella appunto su Gramsci, hanno fatto sicuramente balenare una sottomissione culturale al posto dell’agognata egemonia.

L’attività della Rete Lenford

Tuttavia c’è un aspetto non di poco conto nella biografia del compagno di Spano che testimonia qualcosa di più di una suggestione.

Come si legge nel sito del suo studio legale, Marco Carnabuci ha fatto parte del direttivo Rete Lenford, avvocatura per i diritti Lgbtq+, qualcosa di più di una lobby ideologizzata, capace di promuovere l’agenda che rappresenta nelle aule di Tribunale contribuendo a orientare l’aggiornamento ermeneutico che bypassa il confronto democratico.

La disamina giuridica di tale rete è certo di spessore, ma risente della identificazione tra interessi di parte e presunto spirito del tempo.

Se si vede quante unioni civili (circa 2300 all’anno dal 2017) ci sono state rispetto alla popolazione Lgbtq+ (circa il 9%) si comprende la sovra rappresentazione di certe istanze che pretenderebbero addirittura di mutare il riferimento all’alterità dei sessi, riguardo il matrimonio, contenuto in Costituzione (art.29).

Questa rete si potrebbe definire quindi un think thank in diretta collisione con le riforme del Governo. Per esempio ha promesso battaglia legale sul reato di affitto dell’utero e, in passato, ha contestato la mancata trascrizione all’anagrafe dei dichiarati genitori di un figlio ottenuto con la surrogazione della gestazione.

Pratica che svilisce la maternità e la certezza dei rapporti primari, facendo della donna un’incubatrice, subordinata (anche non necessariamente per soldi) ad altri.

Contro ciò, non si è vista nessuna vestita da Ancella a protestare.

Conflitti di intesse e dimissioni

Di fronte a questo quadro le preoccupazioni della base elettorale non possono certo essere liquidate come omofobia, al di là del semplicistico accostamento orientamento e ideologia, manifestato nelle disgraziate chat di Fdi.

Peraltro, sul caso Spano, si è espressa la presidente del Consiglio proprio dal salotto del direttore de Il Tempo, Tommaso Cerno, grande professionista e anche egli gay.

Certamente, poi, è quanto meno curioso che «i fascisti» ora siano i detrattori del Ministro Giuli, presentato, alla sua nomina, come il prototipo di quella cultura.

Pertanto l’uso di questi termini-martello non può che destare sospetto.

Personalmente avrei aspettato a contestare la nomina, sport bipartisan con vari esponenti del centrosinistra (Renzi) da cui prendere lezioni, ma avrei anche aspettato ad accettare le dimissioni.

Il ruolo al Mic non aveva alcun conflitto di interessi, mentre ora dovrebbe concludersi la carica ad interim in sostituzione di Spano quale Segretario Generale al Maxxi. Magari si poteva procedere subito lì con la nuova nomina.

Quello di fondare una cultura civica rossobruna (mi si perdoni l’accostamento eretico) o meglio svincolata da interessi di bottega, se interpreto bene le intenzioni del neoministro, non mi sembra poi un progetto da scartare.

Solo così l’egemonia diventa co-egemonia, o meglio, partecipazione, mettendo il meglio delle esperienze storiche, senza esclusi e senza ghetti, ossia senza pagare l’opposizione con la stessa moneta.

Si fa presto a dire omofobia

La logica del «traditore» ha prevalso, invece, a sinistra, sull’affare Spano, come ha testimoniato Paola Concia, mentre la stessa evocazione auto assolutoria dell’omofobia ha fatto perdere tasselli importanti.

Quasi tutti, come detto, si sono dimenticati che Giuli ha solo confermato i ruoli che la Melandri aveva stabilito prima di lui. Trovando e mantenendo le persone preparate.

Ma c’è di più. Il Partenariato pubblico/privato (Ppp), tra gli obiettivi della Human Foundation, è diventato, esteso al Maxxi, confusione di ruoli. La Melandri, Presidente in ambedue le Fondazioni, le cui sedi sono curiosamente a poca distanza in via Guido Reni 4 e 9, anche se ha indicato l’incarico al MiC, ne è l’emblema.

Vedere esponenti migrare dall’uno all’altro campo pone più di un interrogativo, specie se da Statuto dell’Human Foundation, si pongono come entrate del patrimonio esplicitamente beni, elargizioni di enti e contributi dello Stato e di Enti pubblici nazionali e specie se si configurano tra gli obiettivi consulenze a soggetti pubblici che operano in campo culturale.

Per meglio dire riprendendo la pagina linkedin della Fondazione: «Human Foundation è una fondazione nata nel 2012 che promuove la collaborazione tra imprese, Pubblica Amministrazione, organizzazioni del Terzo Settore e operatori finanziari per generare e realizzare soluzioni innovative ai problemi sociali». Nata nel 2012, quindi, un anno dopo l’incarico al Mic della Melandri.

Insomma si fa presto a dire omofobia.

Armando Mantuano avvocato

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