LIMES. LA NOTTE DI ISRAELE

I fanatici dell’Apocalisse
e il Mahdi salvatore

Soldati israeliani in un video postato sui social si compiacciono delle case dei palestinesi abbattute a Gaza. Il nuovo numero di Limes affranta 'La notte di Israele'.

 

Nel nuovo numero della rivista di geopolitica Limes, dedicato a La notte di Israele, uno dei più significativi articoli si intitola «I fanatici dell’Apocalisse».

Lucio Caracciolo, direttore di Limes, l'autorevole rivista di geopolitica del gruppo GediIl richiamo è al messianismo politico, ossia l’ideologia che vuole un rinnovamento catartico della società attraverso un’accelerazione e innalzamento dei conflitti fino alla deflagrazione finale, vista come catastrofe purificatrice che precede una nuova sovranità, è un fenomeno trasversale a tutti gli attori del teatro mediorientale.

Nell’editoriale della rivista il direttore Lucio Caracciolo spiega come l’oscurità che avvolge Israele riguardi tutti noi, non solo perché il paese è — o comunque è percepito come — la punta di lancia di un’Occidente, identificato negli Usa, in Medioriente, ma per i dilemmi politici che attraversano la sua società e minano lo stesso modello di sviluppo internazionale.

La Notte di Israele

Ultra ortodossi israeliani osservano il santuario islamico dorato della Cupola della Roccia

Nello specifico lo Stato di Israele è presentato da Limes come una democrazia incompiuta, soprattutto dopo la legge fondamentale sull’ebraicità di Israele, sull’utilizzo del solo lemma ebraico nei documenti ufficiali, con la cancellazione, insomma, della presenza e della cultura araba.

Si tratta di un processo anche pedagogico in quanto si vedono i libri di scuola e le mappe dello Stato di Israele, senza confini, con didascalie tratte dai versetti biblici, a conferma di quel legame tra Terra e Libro che ha sostituito, in chiave escatologica, la Salvezza del Signore.

Un amore della terra come luogo astratto, disincarnato, a prescindere dalla presenza fisica dei popoli, il cui corollario è il loro sterminio o la sostituzione etnica.

Ciò vale anche per lo stesso popolo d’Israele, nel particolare gli ostaggi, venendo meno al dogma della protezione della vita di ogni singolo ebreo, ossia alla mitzvah pidion hashvuim, il riscatto dei prigionieri costi quel che costi.

Il trilemma terra-ebraicità-democrazia, non permette mai di compiere quest’ultima e, infine, di rendere rifugio Eretz Israel. Il paradosso è che lo Stato che doveva emancipare gli ebrei dai ghetti, «rischia» di involvere in Grande Ghetto.

L’apartheid sui palestinesi

Il premier Netanyahu ha cancellato la Gisgiordania dalla mappa di IsraeleÈ l’altra faccia dell’apartheid praticato sui palestinesi, indicati come nemici sui libri di scuola, indottrinando le nuove leve, insieme alla geoipnosi, al Grande Israele, ideologia messianica orami apertamente praticata nel gabinetto di Netanyahu.

Non solo le mappe presentate dall’attuale Premier, persino all’Onu, non hanno alcun riferimento a confini per Israele (nemmeno definito Stato, assurgendo a realtà mistica), ma anche gli esponenti cosiddetti moderati hanno dato prova di disumanizzazione dell’altro, certificando il mancato riconoscimento dei due popoli come eguali.

Scartando, per mancanza di spazio della futura Palestina, l’ipotesi dei due Stati, e l’opzione binazionale, veramente democratica, altrettanto aliena, come la prima, alle varie correnti del sionismo recente e passato, rimane l’opzione monoetnica.

Eppure viene ripreso un preambolo costituzionale, una bozza scritta Vladimir Zeev Žabotinskij, uno dei padri fondatori del sionismo, e patriarca della destra politica israeliana.

L’eclettico uomo di cultura ebraico proponeva uno Stato liberale e democratico con alternanza (con gli arabi) di cariche e di idiomi ufficiali, in cui l’ebraicità sarebbe stata garantita dalla consistenza numerica dei popoli. Piccolo particolare, ciò poteva essere raggiunto anche attraverso l’espulsione degli arabi.

Ecco che il piano dei generali (lo spostamento della popolazione da Gaza in Egitto), è più di una suggestione.

La forte carica mistica dell’obiettivo costituito dalla creazione del Grande Israele, collegato all’esistenza non solo fisica del popolo ebraico, non permette di uscire da questo Stato di eccezione, né agli Usa di essere rilevanti nella politica ebraica.

I fanatici dell’apocalisse

Come se non bastasse, però, esiste una profonda convergenza tra messianismo protestante, radicato soprattutto negli Stati Uniti (di cui, ad esempio, Mike Pence è un esponente illustre), e l’ansia apocalittica del nuovo ebraismo.

I «fanatici dell’apocalisse», oltre ad essere il titolo dell’opera sui movimenti messianici del medioevo (in primis Gioacchino da Fiore) dell’antropologo Norman Cohn, è il titolo di un libro del giornalista Maurizio Blondet, che analizza proprio il collegamento tra i movimenti religiosi protestanti americani e lo Stato di Israele, visto come segno del ritorno di Gesù, da accelerare, favorendo la politica sionista di dominio.

Tale ideologia, o mistica politica, si è certamente espansa dopo le guerre in Iraq di Bush junior: senza voler approfondire oltre, Bolsonaro (ex Presidente del Brasile), Milei (Presidente dell’Argentina), lo stesso Trump, ne sono esponenti più che illustri.

Se questo aspetto viene affrontato di sfuggita nell’ultimo numero di Limes, sembra assente un altro, fondamentale, utile a capire la contrapposizione con l’Islam, e soprattutto la lotta escatologica delineata con lo sciismo in un articolo: la costruzione del Terzo Tempio ebraico nella Spianata delle Moschee.

Eppure il Ministro della Sicurezza di Israele Itman Ben Gvir, proprio lo scorso mese si era dichiarato favorevole all’occupazione dell’area inviolabile (per Statuto) con la costruzione di una sinagoga, dopo essere entrato lì precedentemente per la festività che ricorda la distruzione del Tempio di Gerusalemme (affermando di essere stato eletto proprio per questo).

Nel 2000 bastò soltanto una passeggiata di Sharon in quel luogo per scatenare la seconda intifada.

I fanatici di parte islamica

Un modo per capire la perpetuità del conflitto in Terra Santa è capire l’irriducibilità delle posizioni dei due contendenti.

Da parte islamica, oltre all’inviolabilità del terzo luogo Santo, comune a tutte le confessioni, c’è un aspetto escatologico in più da cogliere nella frangia sciita.

Considerando preminente la discendenza da Maometto, i «seguaci di Alì» si sono sempre opposti a quelli che hanno considerato usurpatori, resistendo al di là dello squilibrio dei rapporti di forza, e celebrando, a tal fine, l’esaltazione del martirio.

Una certa mistica dell’underdog è accompagnata al perseguimento di una giustizia, anche se impossibile in questo mondo, ma che sarà assicurata dall’ultimo Imam, ad oggi occulto, nell’attesa del quale ognuno è chiamato a combattere, per accelerarne la venuta, preannunciata da alcuni segni.

Nonostante manchi in Occidente un serio approfondimento, l’articolo di Limes illustra il pensiero di alcuni esponenti che hanno coniugato missione escatologica e impegno politico, facendo le dovute differenze tra l’Iran dove vive la più grande comunità sciita e Hezbollah.

Mentre in Iran il pensiero messianico è mediato dal potere dei giureconsulti, per Hezbollah la lotta politica contro Israele si coniuga immediatamente ad un conflitto sempre più manicheo, in cui i suoi leader — ad esempio Nasrallah , con il suo turbante nero simbolo di discendenza dal profeta Maometto —, sono visti come precursori del Mahdi (l’imam ora occulto).

L’antologia citata va da un opuscolo dell’Ayatollah dell’Iraq al Sadr (di cui Nasrallah è stato discepolo), in cui si discute di un prossimo confronto apocalittico con le forze dell’empietà, a un trattato di Sadi Faqih in cui vengono enumerati i segni dell’avvento del Mahdi, ed, infine, agli scritti di Naim Qassim, da pochi giorni eletto nuovo leader del Partito di Dio (Hezbollah).

Il «Mahdi salvatore»

Gli estratti da quest’ultima opera praticamente sconosciuta e non citata nei media che si sono occupati della recente elezione, il Mahdi salvatore (2006), sono quindi particolarmente significativi:

  • Hezbollah si inserisce nel Movimento dell’apparizione del Mahdi e col suo jihad aspira all’accelerazione della sua venuta.
  • L’aumento della tirannia e della deviazione, trainata dagli Stati Uniti, e il propagarsi globale di vizi e decadenza correlata alla prima, è un segno della prossima apparizione del distruttore di questa tirannia, per cui il Mahdi affronterà e sconfiggerà l’Anticristo in Palestina.
  • In un’ottica di gnosticismo rivoluzionario, ogni azione militare ha quindi una funzione propiziatrice di tale evento.

Interessanti poi i segni premonitori della fine del mondo in questa era, tra cui la lotta di un partito alle porte di Gerusalemme e un colpo di Stato in Siria da parte di Israele e Stati Uniti per installarvi un governo di stampo anti messianico (Sufyani).

La lotta di Hezbollah in Siria dal 2011, proprio per evitare un colpo di stato delle due potenze richiamate nel punto apocalittico, sembrerebbe tuttavia contestare una visione acceleratrice del movimento, ossia fanatica.

L’Italia una villa nella giungla?

Il quietismo della nostra nazione sgomenta un po’ gli analisti di Limes che colgono le zone di faglia di tali scontri epocali le cui propaggini possono facilmente lambirci.

La reazione all’attacco israeliano all’Unifil rimane senza profondità, né visione, e peraltro dimentica della storica avversione israeliana alle istituzioni internazionali.

Viene citato come esempio l’assassinio del Conte Folke Bernadotte che, tramite la Croce Rossa, aveva salvato la vita a 31mila ebrei durante la seconda guerra mondiale.

Incaricato come mediatore tra arabi e israeliani dalle Nazioni Unite, fu ucciso solo 4 mesi dopo la proposta di riconoscimento di Israele e della Palestina da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per mano della banda Stern, responsabile anche dell’attentato all’Ambasciata britannica a Roma (due italiani morti), il cui fondatore divenne Premier dello Stato di Israele nel 1988.

Questo dovrebbe significare un maggiore impegno dell’Occidente soprattutto riguardo quelli che considera suoi alleati, che, più che cani pazzi (il riferimento è alla postura militare israeliana delineata da Moshe Dayan), sembrano cani sciolti.

Ne va della credibilità dell’occidente e dell’ordine internazionale da questo inaugurato, nella sua coerenza e sostenibilità, al di là dei rapporti di forza.

Armando Mantuano

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