
Cecilia Sala in Iran per alcuni servizi giornalistici è stata fermata il 19 dicembre poco prima del suo rientro in Italia ed è detenuta ora nella prigione di Evin in base a generiche accuse di violazione delle leggi della Repubblica islamica.
Il suo arresto è evidentemente collegato a quello di Mohammad Abedini, un cittadino iraniano svizzero in Italia eseguito su richiesta di un mandato di cattura internazionale emesso dagli Stati Uniti.
Mohammad Abedini è stato arrestato il 18 dicembre a Malpensa su mandato d’arresto dell’Interpol per trasferirlo negli Usa, su impulso di un Giudice dello Stato del Massachusetts, dove erano emerse violazioni sull’embargo di componenti elettroniche all’Iran.
Chi è Mohammad Abedini
Tali violazioni sarebbero avvenute tramite la Illumover ― una società con sede in Svizzera e collegamenti con le Guardie rivoluzionarie iraniane — creata per sostituire la Sadralab dopo che questa era stata etichettata dagli Usa come organizzazione terroristica.
In particolare, un sistema di navigazione sviluppato dalla Sadralab si riteneva avesse legami con il Sepher, sistema di navigazione ritrovato nei droni iraniani utilizzati nell’attacco ad una base militare Usa in Giordania che ha causato la morte di tre soldati americani.
Il 19 dicembre è iniziato a Boston il processo a Abedini e al suo presunto complice, Moganmed Sadeghi, un cittadino iraniano americano (qui).
Nonostante la Farnesina abbia mantenuto il riserbo fino al 27 dicembre per favorire i canali diplomatici l’arresto di Cecilia Sala è avvenuto proprio il giorno 19.
Le norme sull’estradizione
Il collegamento tra i due casi è stato confermato proprio dalle dichiarazioni dell’ambasciatore iraniano a Roma che si è soffermato sulle condizioni della detenzione di Abedini di cui ha chiesto espressamente il rilascio.
Dopo la convocazione dell’ambasciatore da parte del Governo italiano analoga misura è stata presa da Teheran, chiedendo all’Italia di non farsi complice di detenzioni extra territoriali richieste dagli Usa, parlando espressamente del loro cittadino come ostaggio, e non deteriorare così le buone relazioni tra Italia e Iran.
La collaborazione tra le polizie internazionali come anche la richiesta di estradizione sono pratiche e norme previste dalle convenzioni e dal diritto internazionale.
Tuttavia, se la detenzione è giustificata più dal pericolo di fuga che da altro, l’estradizione potrebbe avere degli ostacoli. In un caso analogo ci fu una fuga dagli arresti domiciliari seguito da un interrogazione richiesta dal Ministro Nordio.
L’estradizione infatti non può essere concessa per reati politici e militari secondo le norme interne, i principi costituzionali e lo stesso trattato tra Italia e Usa.
Inoltre va rilevato che sia per l’Unione Europea sia per l’Italia le Guardie rivoluzionarie iraniane non sono un’organizzazione terroristica. Anche se recentemente dalle Ue sono state applicate sanzioni per la vendita all’Iran di componentistica dei droni.
Peraltro l’osmosi tra ingegneria civile e militare non è una novità. E non ci stupirebbe se dei funzionari di Eni e Leonardo fossero parimenti incriminati.
È evidente come gli Usa vogliono sottrarre il know how dei droni, il segmento militare più strategico del momento, al paese che è cresciuto di più in tale campo.
Cecilia Sala in ostaggio
La determinazione del Governo iraniano nel chiedere il rilascio del proprio concittadino tramite la pressione su una cittadina italiana, fa apparire più stretti dei legami che potevano non risultare così evidenti dalle carte.
La prova regina del collegamento tra la detenzione della Sala e il destino di Abedine, che può essere risolto sempre da un intervento del Ministero della Giustizia, sulla base di considerazioni politiche, è proprio la genericità delle accuse mosse alla nostra giornalista.
Cecilia Sala è un ostaggio e così deve essere affrontata la questione.
Peraltro la giornalista de Il Foglio, giornale di punta del sionismo in Italia, non ha mai lesinato critiche al Governo di Israele e alla sua politica definita genocidiaria.
Sempre Cecilia Sala ha fatto luce sui copiosi finanziamenti alla politica Usa dei fautori della cosiddetto Grande Israele.
Nonostante la delicatezza del tema, poi, pur dando voce alle istanze dei giovani dissidenti, ha distinto tra protesta e protesta, senza intestare ogni atto alla causa. Inoltre, ha avuto il coraggio di evidenziare le aperture dell’attuale governo in carica, dimostrando una vivacità di dialogo e di riforme, che in Occidente deve essere obliterata.
Sia mai che si facciano i paralleli con gli ex terroristi e nuovi rivoluzionari (vedere wikipedia) che l’occidente incontra a più riprese in Siria.
Certo, difficile farla passare per nostalgica di regimi teocratici anche solo considerando la pregevole analisi del delitto Marta Russo, in collaborazione con l’attivista radicale Chiara Lalli.
Coraggiose prese di posizione
Le sue prese di posizione coraggiose le hanno, peraltro, fatto avere come detrattori proprio alcuni attivisti e dissidenti iraniani. In questo gioco degli specchi l’atteggiamento del governo iraniano sembra dare loro ragione. Il paese non è sicuro e tutti i cittadini occidentali sono obiettivi. Ne discende che i giornalisti non dovrebbero rendersi merce di scambio.
È anche vero che prima del 18 dicembre non c’erano motivi di preoccupazione, che le invettive dei dissidenti sono solo una forma di sanzione mediatica aggiuntiva, quella che però non permette di raccontare dall’interno il paese e le sue inevitabili contraddizioni.
Oltre a non capire che esiste ancora l’autorevolezza dei media tradizionali e che, anzi, ciò che viene dai social (non parliamo degli oppositori ai regimi), merita sempre un vaglio supplementare, non viene compreso (tutti vittime della propria bolla) che proprio le distinzioni rendono più plausibili i discorsi. La propaganda non fa distinzioni, ma fa, letteralmente, di tutta l’erba un fascio.
I passi del Governo italiano
Il Governo italiano dovrebbe chiedere formalmente le accuse mosse a Cecilia Sala e successivamente evidenziare, con ciò, la differenza tra le due detenzioni. Chiamare le cose con il loro nome e anche far presente che prendere ostaggio è contro il diritto umanitario.
Peraltro c’è un precedente recente, ossia l’incriminazione dei vertici di Hamas.
Sarebbe ipocrita differenziare tra ostaggi nelle case o nelle prigioni, quando analoghe accuse vengono mosse da Teheran allo Stato israeliano.
Si può prevedere che la decisione di tenere in ostaggio Cecilia Sala, più si dilungherà, più sarà un boomerang per il Governo di Teheran, specialmente nel segmento di opinione pubblica italiana non pregiudizialmente ostile. Un patrimonio, forse sottovalutato, che l’occidente non detiene più in esclusiva.
Armando Mantuano