Najeem Osema Almasri Habish, detto Almasri, il 19 ottobre 2024 è arrestato in Italia su mandato di cattura spiccato dalla Corte Penale Internazionale (Cpi). Il 18 gennaio viene scarcerato e ricondotto in Libia. La circostanza appare come una delegittimazione del diritto internazionale che rende più debole il nostro Paese.
Le accuse ad Almasri e l’arresto
Almasri è il capo della polizia giudiziaria libica, accusata di praticare torture sui migranti detenuti che passano per il paese. Con il corollario di corruzione e violenze a scopo ricattatorio e contiguità con scafisti e trafficanti.
Il controllo dei migranti è anche un’arma geopolitica. I rapporti di forza con i paesi Ue, si giocano sul contenimento del fenomeno.
Il finanziamento della Guardia costiera libica, l’addestramento, soprattutto da parte dell’Italia, sancito da un memorandum firmato da Marco Minniti, Ministro dell’Interno del Governo Gentiloni, e rinnovato dai successivi esecutivi i di ogni colore, è parte integrante della ragion di Stato.
I segni delle torture e i racconti dei migranti sbarcati sono probabilmente parte del fascicolo pendente alla Cpi.
Il 2 ottobre 2024 la Corte Penale internazionale richiede il suo arresto. Il 18 gennaio 2025 Almasri viene segnalato in Germania, dopo un tour europeo che avrebbe compreso Belgio e Olanda. Ha noleggiato un’auto e pertanto viene emesso un mandato di arresto internazionale da eseguirsi nei sei Paesi verso cui potrebbe dirigersi.
Ma è a Torino che Almasri vuole andare per recarsi allo stadio ad assistere alla partita Juventus-Milan. Il legame con la Juve accomuna il personaggio a Gheddafi, o meglio ai figli, dalla cui morte ha tratto potere su una Libia dilaniata ancora oggi. Dopo la partita viene arrestato dalle nostre forze dell’ordine, in base alla norma applicata per il cittadino iraniano svizzero collegato al rapimento della nostra Cecilia Sala.
La scarcerazione e il rimpatrio
La Corte d’Appello di Roma sezione penale competente in materia, accoglie le richieste del Procuratore generale di scarcerazione di Almasri perché non è stata rispettata la procedura specifica per questi casi.
La procedura richiesta dalla Cpi prevede un’interlocuzione fra il Procuratore e il Ministro della Giustizia. Nell’ordinanza della Corte si riporta che il Ministro è stato avvisato il giorno 20, e il giorno seguente un comunicato stampa conferma che Carlo Nordio sta valutando la trasmissione formale della richiesta al Procuratore generale.
Non sembra esserci margine di discrezionalità, ma si parla di complesso carteggio, una pausa di riflessione che fa presumere una decisione politica.
Nel mentre, la Corte Penale Internazinale rispetta il silenzio stampa che le viene chiesto dalle autorità italiane, ma chiede al Governo di relazionarsi prima di qualunque decisione.
Il giorno stesso alle 12.15, un Falcon 900 dei servizi, con numero di registrazione I-Cargo, atterra a Torino Caselle, lo stesso che porterà Almasri a Tripoli alle 21.42. Il personaggio sarà accolto da una folla festante che mormorerà «ahhh, gli italiani».
Italiani brave gente
Ora i rapporti tra Italia e Libia risentono di un passato particolare, che si dipana sulla storia coloniale, sul mito estero «Italiani brava gente», sulle opere, sulla viabilità lasciata in eredità, sull’espulsione degli italiani fatta da Gheddafi, sulla profanazione delle tombe italiane, sulla riconciliazione fatta da Berlusconi (che al tempo aveva riconciliato pure Usa e Russia), sulla rivoluzione colorata, l’assassinio del dittatore, l’ascesa degli sciacalli, i due rais, gli scontri geopolitici tra Ue Francia Turchia e Russia, la presenza delle milizie della Wagner. E soprattutto le rotte libiche, il controllo dei mari, Lampedusa ad un passo.
Il dato politico non è semplice e non si può sapere cosa avrebbe fatto un altro Governo. Tuttavia c’è una semplice riflessione da fare.
Il mandato di arresto non è stato fatto da un paese alleato, ma da un organismo giuridico internazionale. E l’Italia non soltanto è firmataria della sua istituzione ma ne ha ospitato i natali con lo Statuto di Roma.
Non abbiamo soltanto accettato la giurisdizione della Corte Penale Internazionale, l’abbiamo fondata. E non dovremmo unirci alla delegittimazione Usa per aiutare gli «amici».
Così si distorce in maniera forse irreversibile ogni auspicabile terzietà, e quindi credibilità, proprio nel momento in cui questo strumento stava emergendo come argine, all’arbitrio bipartisan soa dei Paesi dello schieramento Brics che dei Paesi di quello schieramento che si potrebbe denominare «Moga» (Make occident great again).
Inoltre la Corte internazionale si può definire un strumento «populista». Vengono infatti accusati e processati i potenti e, come visto, non sembrano esserci intoccabili. La sua delegittimazione dà la sensazione che esista una zona di impunità per le élites, uno Stato profondo sottratto al controllo democratico, proprio ciò che ha dato linfa ai movimenti anti establishnent.
Infine c’è da considerare l’aspetto deterrenza. L’Italia, ma il discorso potrebbe allargarsi all’Ue, deve implementare il suo ruolo internazionale attraverso la diplomazia e la promozione degli Organismi internazionali. Non è solo una vocazione è ciò che è necessario in questo momento.
Accodarsi agli Stati Uniti non è una strategia di lungo respiro. L’arresto di Almasri avrebbe portato un maggior peso dell’Italia in una gestione più controllata dei flussi e delle rotte africane, andando alla radice di una questione che è anche un dilemma, in quanto le partenze in mare dei barconi sono potenziali naufragi e fermare-diminuire i flussi potrebbe ridurre le morti in mare.
Ciò al di là del discusso pull factor sulle partenze della presenza di navi delle Ong.
Aspettarsi di poter incidere sulla gestione dei migranti e pretendere controlli, nei centri che li dovrebbero semplicemente raccogliere, per gentile concessione di certi personaggi è una battaglia già persa in partenza.
Armando Mantuano