L’INCHESTA «ANGELI E DEMONI»

Parliamone di Bibbiano,
cinque anni dopo

Dopo il clamore suscitato nel 2019 dallo scoppio del caso, l’interesse dei media sulla vicenda Bibbiano si era fatalmente affievolita. Oggi, dopo alcune assoluzioni, gli accusati di allora sono in cerca di rivincite.

 

I protagonisti della vicenda Bibbiano, a cinque anni dallo scoppio del caso, hanno cominciato un contrattacco serrato, anche se alcuni di loro hanno procedimenti penali ancora pendenti. La condanna civile per diffamazione di Selvaggia Lucarelli pare (da informazioni della stessa giornalista) che non sia isolata.

Nell’anonima cittadina di Bibbiano, un’indagine pretende di fare luce su un sistema corruttivo, in cui, in tema di affido in casa-famiglia, si privilegia una linea interpretativa e un’analisi del Centro psicologico «Hansel e Gretel» che fa capo al dott. Claudio Foti.

Una responsabile, Federica Anghinolfi, è accusata, tra l’altro, di costrimgere i colleghi dei Servizi Sociali a fare dichiarazioni non vere, oppure a spingere i bambini a dichiarare di essere stati maltrattati.

L’inchiesta Angeli e Demoni

L’indagine, e la comunicazione sui fatti di Bibbiano, sono forse l’esempio più eclatante di come l’informativa della Procura riguardo le sue inchieste possa influenzare l’opinione pubblica.

Per inciso, proprio gli effetti polarizzanti riscontrati in questo caso, oltre al recepimento del regolamento comunitario in tema di presunzione di innocenza, hanno comportato l’adozione di maggiori garanzie, attraverso l’introduzione del decreto legislativo 188/21 che non permette l’adozione di nomi, all’indagine, lesivi dell’indagato/imputato e delle sue prerogative costituzionali.

Il nome dell’inchiesta (Angeli e Demoni) è una condanna senza appello per gli indagati, a cui si contrappongono gli Angeli che dovrebbero essere invece i bambini strappati alle famiglie.

Quando si evocano i minori, poi, la reazione non può che essere di inquietudine e ansia. Da qui il trasporto e la passione dell’opinione pubblica.

I toni non possono che cadere subito nel cupo dramma verso un sistema che deve essere mondato dalla sozzura, di cui i protagonisti devono avere percezione e vergogna.

Inevitabilmente, chi riporta i provvedimenti giudiziali succedutisi nell’immediatezza, tra cui anche quelli cautelari, che, seppur sommari, vengono comunemente associati ad un’anticipazione del giudizio, non rimane estraneo ad un clima comune esasperato, in cui è difficile aggiungere qualcosa di originale.

La fattispecie della diffamazione

Come ribadito anche nella recente sentenza di Cassazione penale n.33994 del 6 settembre 2024, la diffamazione non può essere imputata a chi produca giudizi di valore entro una cornice di sufficiente riscontro fattuale, tanto più quando il diritto di cronaca e di critica si sviluppa in un alveo di polemica intensa e dichiarata su temi di rilevanza sociale.

I termini intrinsecamente ingiuriosi, poi, devono essere considerati nel contesto spazio temporale per valutarne la continenza e la proporzionalità con i fatti narrati.

Nel presente caso si sarebbe quindi in presenza di numerose attenuanti ad ipotetiche invettive, specialmente considerando la differenza di metodo che caratterizza la prassi delle Associazioni responsabili degli affidi a Bibbiano, di cui si parlerà più avanti.

Recentemente, Claudio Foti è stato assolto dai reati di abuso d’ufficio per gli incarichi della sua Associazione e di lesioni ad un paziente, mancando la prova del nesso di causalità con la sua terapia.

Queste assoluzioni hanno condotto l’ex imputato a citare noti giornalisti per diffamazione.

La polemica con Selvaggia Lucarelli e Pablo Trincia (produttore del noto podcast Veleno sul caso dei «diavoli della Bassa»), si è concentrata principalmente sul condizionamento subito dai bambini, indotti a ricordare abusi familiari, rievocando proprio il caso approfondito dal giornalista Trincia conclusosi con il suicidio di alcune persone accusate ingiustamente di pedofilia.

La sentenza di condanna civile è stata emessa sulla base del mancato riscontro probatorio alle accuse mosse allo psicologo Foti.

Tuttavia, dal social twitter/x di Selvaggia Lucarelli, si evince che la stessa è stata contumace per tutto il processo, non avendo potuto tecnicamente fornire alcuna prova di quanto contestato al Foti, tra cui l’accusa grave di essere responsabile del suicidio di una bidella.

Alcuni esponenti dell’associazione «Hansel e Gretel» sono stati poi protagonisti anche del caso della Bassa Modenese, la cui ricostruzione, nel podcast Veleno, in alcuni aspetti manipolatori di alcuni dei bambini «testimoni», mette i brividi.

La delicatezza del tema

Alla base delle contestazioni riguardo le conseguenze della metodologia psicoanalitica sviluppata da Foti, ci sono approcci opposti all’ascolto del minore,

La tecnica del disvelamento progressivo dei ricordi traumatici, quella della loro cura (tecnica Emdr) attraverso il distacco dal ricordo (indotto attraverso opportune stimolazioni esterne), derivano tutte dalla convinzione che «i bambini non mentono mai».

Lo stesso Foti considerava, chi si identificava nella pratica medica (quella più comune) fissata nella Carta di Noto (che, al contrario, ritiene i bambini estremamente influenzabili), una specie di eretico (la suddetta Carta sarebbe per lui un «Vangelo apocrifo»).

Il metodo psicoanalitico e l’adesione ad un modello, lungi dall’essere un tema di lana caprina, condiziona la vita di intere famiglie e l’assoluzione o no dei protagonisti.

L’esasperazione generata dalle conseguenze degli affidi, che sono già una cosa dolorosa in sé, la convinzione generalizzata che il metodo usato dal dottor Foti non fosse pienamente conforme alla buona prassi medica (sono tutte conoscenze che nell’immediatezza dei fatti nessuno aveva), portano certamente ad una generale attenuazione rispetto ai giudizi di valore che hanno accompagnato le prime fasi dell’inchiesta.

Rimane poi del tutto legittimo contestare l’approccio all’ascolto praticato da Foti: la scienza si è sempre sviluppata nel contraddittorio tra teorie, attraverso i riscontri degli specialisti.

Non sembra nemmeno eccezionale che possano essere stati assolti i protagonisti delle vicende degli affidi: nonostante la gravità delle conseguenze, la buona fede sarebbe implicita nel perseguire un approccio comunque accreditato al tempo.

Rimane un fatto di prudenza: anche una minima percentuale di ricordi indotti, o comunque falsi, dovrebbe sconsigliare una metodica troppo invasiva, tanto più che c’è il rischio, tutto umano, di piegare la realtà alle proprie ideologie (come sembra essere successo proprio a Bibbiano con la promozione di affidi a coppie Lgbt), prassi purtroppo non infrequente nei Tribunali, in cui l’ausiliare del Giudice può essere chiamato a giustificarne la tesi.

Armando Mantuano avvocato

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