Sono le dieci e tre minuti del 21 aprile, lunedì di Pasquetta, e sono nel treno che mi porta ad Assisi per una scampagnata con la famiglia e con alcuni amici. Improvvisamente la nostra serenità è scossa. Ci ha raggiunto la notizia della morte di Papa Francesco.
La prima reazione è di incredulità tanto che il mio amico me lo fa notare, beh era molto anziano. Certo, mi riprendo. Eppure proprio il giorno prima avevo insistito per ricevere via etere tramite la diretta tv, la benedizione urbi et orbi che impartiva nel giorno di Pasqua.
Avevo aspettato le sue parole, decise, venire fuori quasi dalla sua anima. Quella alito di vita donato per bene-dire l’umanità, dopo aver passato in rassegna le troppe guerre che questa si fa al proprio interno.
Dentro di me pensavo potesse essere l’ultima Pasqua insieme al Pontefice. Eppure c’era una forza in quell’essere, come dire: io non vi lascio.
Ecco forse la mia incredulità nel sapere la notizia. Ce ne sono alcune di cui ricorderemo il momento in cui sono apprese e magari lo racconteremo. Come l’11 settembre 2001.
Dentro di me sento l’importanza di andare sulla tomba del Santo di cui ha voluto portare il nome, senza numerale, quasi a marcare una propria unicità.
Quasi a malapena mi ricordo che è anche il Natale di Roma, e uno striscione di tifosi della squadra omonima lo celebra ricordando come Roma sia la «stella polare del mondo occidentale». E io mi chiedo, perché solo dell’occidente, Papa Francesco ci ha proprio indicato di essere tutti fratelli. E ha fatto di Roma veramente caput mundi.
Adesso penso ad una Pasqua, nell’anno del Giubileo, senza di lui, e credo che il Signore non chiami a se a caso.
L’enciclica «Laudato sì»
Certo è difficile perdere una persona che, chi in un modo chi in un altro, sente come un padre putativo, anche chi persegue contro la Chiesa quella lotta generazionale che ormai non si può più compiere contro i genitori, forse perché non più all’altezza. C’è poco o tanto da dire sul suo pontificato.
Un’altra coincidenza (qualcuno direbbe Dio-incidenza), il 22 aprile è la giornata della Terra, un appuntamento ecologista i cui proclami avevano trovato massima amplificazione proprio con il recente pontificato. L’enciclica Laudato sì, è unica nel suo genere. È la più razionale e tecnica delle enciclica sociali, evidenziando come la ricerca del bene comune propria della dottrina sociale cattolica, sia un compito che la Fede sostiene, ma che è fondato sulla ragionevolezza, e su una visione antropologica responsabilizzante ogni uomo.
Un’enciclica ardita, perché sostiene come certe tesi che alcuni ritengono solo teorie ingiustificate. Enciclica quindi polarizzante, e capace di alimentare le accuse di fake news nei confronti dei detrattori ― spesso interessati ― del «cambiamento climatico di origine antropica». Non è un mistero che tra questi ci sia anche l’attuale amministrazione statunitense, con gli Stati Uniti sempre più spaccati su questa e altre questioni.
Proprio J.D. Vance, dopo la dialettica a distanza sull’Ordo Amoris, ha incontrato il Papa per ultimo, il giorno prima della sua dipartita. E ripenso che forse ho incrociato la sua scorta che sfilava sull’A24 riflettendo su cosa possa aver detto un neo convertito alla sua guida (non scrivo suprema se no diventa ayatollah Francesco).
Buon onomastico Papa Francesco
Eppure non è facile inquadrare Papa Francesco, c’è chi ha tentato di spiegarlo con le categorie della politica argentina, un po’ diverse dalla nostra destra e dalla nostra sinistra, e dove si alternano casomai governi peronisti, più attenti al welfare, alla spesa pubblica, simili alla nostra destra sociale, a governi ultraliberisti, che vedono la loro stella polare negli Usa, come il governo attuale.
Anche se Francesco era tendenzialmente più incline alla tutela sociale, nell’ultimo messaggio, nel giorno di Pasqua, non è mancato un accenno alla nemesi capitalista, quella del capitalismo di guerra dei dazi: «La luce della Pasqua ci sprona ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche».
Difficile dare un ritratto di Papa Francesco, credo sia stato soprattutto un battitore libero, capace quindi di suscitare per questo la simpatia di tutti, soprattutto di coloro che non sono imbrigliati in alcuna ideologia.
Il 23 aprile sarà anche il giorno che la Chiesa dedica alla memoria di San Giorgio. E il mio è un modo per dirgli: «buon onomastico in Cielo Papa Francesco».
Armando Mantuano