IN LIBRERIA: MARINO FRESCHI

L’Emigrazione Interna
nella Germania del Terzo Reich

Marino Freschi, Germania 1933-1945. L'Emigrazione Interna nel Terzo Reich.

 

Il germanista Marino Freschi, autore di numerosi saggi sulla cultura tedesca e con una lunga esperienza di insegnamento nella Terza Università di Roma, nel suo ultimo lavoro affronta il tema dell’Emigrazione Interna durante il Terzo Reich. Si tratta di un’analisi delle posizioni, dei comportamenti e della produzione letteraria di quella moltitudine di scrittori che, pur avversando il nazionalsocialismo al potere, scelsero di non espatriare e rimasero quindi in patria.

Ernst JüngerGermania 1933-1945 l’Emigrazione Interna nel Terzo Reich, pubblicato per gli eleganti tipi di Aragno Editore, riprende il tema della letteratura durante il dodicennio ‘33-45 trattato dall’autore nel saggio La letteratura nel Terzo Reich (Einaudi, 1977) che esaminava gli scrittori che avevano aderito al regime.

Con Emigrazione Interna si definisce storicamente quel gruppo di romanzieri, poeti, saggisti rimasti in Germania per diversi motivi: familiari, economici, linguistici, ma anche patriottici.

«Erano restati – spiega Marino Freschi — perché il cordone ombelicale con la Germania, con il suo paesaggio, la sua arte, la sua cultura quale categoria dello spirito e della interiorità, non si poteva rompere».

Una fede nazional-patriottica

Gottfried BennErnst Jünger, Gottfried Benn – i più noti e riediti oggi – ma anche Ernst Wiechert, Hans Carossa, Hans Fallada, Ernst vov Salomon e tantissimi altri non si «potevano immaginare» in alcun altro luogo che in Germania, non potevano «pensare di scrivere» che tra «la comunità che parlava tedesco, in mezzo alla propria gente».

Nei suoi fondamentali lavori degli anni Settanta – Le origini culturali del Terzo Reich, La Nazionalizzazione delle masse e nella sintesi racchiusa ne l’Intervista sul nazismo curata da Michael A.Ledeen –, lo storico, nato in Germania da famiglia ebraica, George Mosse aveva spiegato come a partire dalle guerre di liberazione contro Napoleone (1813) si era sviluppata in Germania una fede nazional-patriottica.

Cresciuta con le esperienze del movimento giovanile, cementata nelle «tempeste d’acciaio» della Prima Guerra mondiale e dall’esperienza dei Freikorps – i «Corpi Franchi» composti da ufficiali che dopo la sconfitta combatterono per mantenere l’Alta Slesia alla Germania –, questa visione della vita e del mondo era stata irrobustita da una fiorente letteratura, assolutamente maggioritaria, che aveva impregnato di sè il panorama culturale tedesco e della quale la Rivoluzione Conservatrice è la componente più nota e interessante. Laddove a dover essere conservati erano i valori eterni e rivoluzionate le forme sociali della società liberale nata con la Rivoluzione francese.

Contro comunisti e liberal-conservatori

Un giovane Ernst von SalomonNegli anni venti del ‘900 questa egemonia culturale era stata accompagnata sul piano politico dalla nascita di decine di raggruppamenti, partiti e associazioni. E in origine il movimento di Hitler non era altro che uno dei numerosi partitini in lotta contro i comunisti e i partiti liberal-conservatori.

Dopo l’accelerazione storica degli eventi che aveva portato il nazionalsocialismo al potere, era dunque difficile immaginare l’esito ultimo al quale il nuovo Führer avrebbe condotto la Germania.

Oltretutto il regime – è ancora Mosse a spiegarlo – si mantenne relativamente moderato fino al 1937 e per quanto «terribile» esso fosse restava tuttavia «vivibile per molta gente». Era inoltre «totalmente impensabile» qualcosa di così orribile come la soluzione finale.

Per mettere distanza tra la loro persona e il regime, gli autori dell’Immigrazione Interna adottarono diverse modalità. Alcuni, come Jünger e Benn, si inserirono nei ranghi dell’esercito – istituzione che garantiva una relativa indipendenza –, il primo come addetto militare a Parigi e il secondo come medico.

La campagna contro la metropoli

Il poeta Stefan GeorgeAltri scelsero di trasferirsi in campagna o in piccoli paesi, in linea con una delle componenti ideali della letteratura dell’epoca che si incentrava sulla critica della metropoli e la denuncia dei processi in atto di massificazione e omologazione, la difesa dell’ambiente e del paesaggio, minacciato dalla civilizzazione della tecnica e dall’economia di sfruttamento capitalistico.

Per poter continuare a pubblicare alcuni autori si concentrarono sul romanzo storico, un genere che permetteva una sia pur relativa libertà letteraria e una più agevole elusione della censura.

Altri ancora, come gli appartenenti al circolo letterario di Stefan George, erano scrittori e poeti «impolitici» che producevano raffinati testi esoterici ispirati alla «Germania segreta». Il loro distacco orgogliosamente aristocratico dalla storia e dalla politica, contribuiva a lasciar spenti nei loro riguardi i riflettori del regime.

Non mancarono, infine, scrittori che passarono da un’iniziale collaborazione con il nazionalsocialismo ad un progressivo distacco.

Gli scrittori della Rivoluzione Conservatrice

Rudolf Borchard in ItaliaSono dunque molti gli approfondimenti ai quali ci chiamano le pagine di Marino Freschi. Come, ad esempio, il lascito che gli esponenti dell’Immigrazione Interna avevano ricevuto dagli scrittori della generazione precedente. Pensiamo ad Oswald Spengler (1880-1936), con la sua centrale distinzione tra Kultur e Civilization, a Moeller Van der Bruck (1876-1925) inventore del termine Terzo Reich.

Fino al George-Kreis del poeta Stefan George (1868-1933) che al suo interno annoverava personalità diverse, fra le quali anche autori di origine ebraica del calibro di Ernst Kantorowicz (1895-1963), volontario nei Corpi Franchi e autore di una monumentale biografia di Federico II, e Rudolf Borchardt (1877-1945) che si distaccò dal Kreis per trasferirsi in Italia, a celebrare le bellezze del paesaggio toscano e a rivelare il contributo della Pisa medievale all’idea imperiale degli Hohenstaufen.

Un ultimo aspetto che val la pena di evidenziare è che la maggior parte degli scrittori dell’Immigrazione Interna non rinnegava affatto le proprie idee, ma ne avversava la declinazione – massificata, travisata e violenta – che il nazionalsocialismo aveva effettuato di alcune tematiche comuni.

La «distanza interiore» dalla società moderna

Non sfugge infatti a Marino Freschi la continuità del significato della posizione isolata, distante dai meccanismi della società capitalista dominante, assunta, per esempio, nel dopoguerra da Ernst Jünger. Nel saggio Der Waldgang (Passare al Bosco) del 1951 – che nel titolo italiano Trattato del ribelle perde l’intensità della metafora – lo scrittore definisce la sua posizione come quella dell’«anarca», l’uomo che si è liberato, o mantiene la distanza, dai meccanismi della società massificata.

Negli esponenti della Rivoluzione Conservatrice, l’Emigrazione Interna non termina dunque con la fine tragica del nazionalsocialismo e la distruzione della Germania, ma assume i contorni di una «categoria metastorica dello spirito, valida in tutti i tempi e massimamente nella modernità, quale scelta esistenziale».

Vincenzo Fratta

 

 

Marino Freschi,
Germania 1933-1945.
L’Emigrazione Interna nel Terzo Reich

Aragno Editore, pp. 167

 

 

 

 

 

LE FOTO
In copertina: Ernst Jünger e Carl Schmitt in Francia, sul lago di Rambouillet nell’ottobre del 1941.
Dall’alto: Jünger nel dopoguerra, Gottfried Benn in divisa da medico militare, un giovane Ernst Salomon, il poeta Stefan George, Rudolf Borchardt in Italia

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