LESJA UKRAJINKA

Il canto
della foresta

La scrittrice e poetessa Lesja Ukrajinka (1871-1913), autrice de 'Il Canto della foresta', edito da Mondadori

 

Nella ricca produzione letteraria della poetessa e drammaturga Lesja Ukrajinka un tassello importante è costituito dal racconto fiabesco in tre atti Il canto della foresta che Mondadori propone ora al lettore italiano nella collana Oscar Classici.

Il monumento a Lesja Ukrajinka nella città natale di Novohrad-Volyns’kyjLesja Ukrajinka è il nome letterario di Larysa Petrivna Kosach, nata il 25 febbraio 1871 Novohrad-Volyns’kyj in Ucraina e morta a Surami in Georgia l’1 agosto 1913.

Figlia della scrittrice Olena Pčilka e nipote del filosofo Mychajlo Dragomanov, che per le sue idee sull’Ucraina indipendente aveva dovuto rifugiarsi all’estero, Lesja Ukrainka visse in una famiglia colta e poliglotta. Colpita in giovanissima età dalla tubercolosi ossea, passò lunghi periodi a letto in compagnia dei libri e poi in viaggio per l’Europa alla ricerca di un clima più mite e di cure migliori.

Dopo gli esordi poetici, anch’essi molto precoci, e scelto Lesja come nome d’arte, la scrittrice incentrò la sua attività nella promozione della cultura ucraina che, nella sua visione, doveva abbandonare il provincialismo imperante per attingere ai migliori esempi della letteratura europea.

Con la sua opera scosse gli umori degli ucraini, denunciando l’apatia, l’inerzia e la passività del suo popolo nei confronti dell’impero russo. L’importanza di Lesja Ukrajinka per lo sviluppo del modernismo e per il risveglio nazionale ucraino è enorme, facendone il secondo pilastro della letteratura ucraina, accanto allo scrittore e pittore Taras Shevchenko (1814-1861).

La diciasettenne Lesja Ukrajinka con la madre Olena Pčilka in una foto del 1898Per poter parlare liberamente della storia e della situazione dell’Ucraina la scrittrice ambientò i suoi drammi in un contesto europeo. Così ne La cattività babilonese (1903) traspose la sofferenza del popolo ucraino soggiogato dall’impero zarista.

In Cassandra (1907) descrisse la situazione dell’Ucraina attraverso il tragico destino della città di Troia.

Con Nelle catacombe (1906) stigmatizzò la comunità ucraina criticandola per la sua passività ed i compromessi ai quali era sottoposta.

Ne La Boiarina (1910) il tema centrale era l’ostilità verso l’imperialismo russo e la necessità della lotta armata per liberare il popolo ucraino dal giogo moscovita, unita ancora una volta alla critica dell’apatia e della rassegnazione del suo popolo.

In epoca sovietica, non potendo cancellare del tutto il valore letterario di Lesja Ukrajinka, si valorizzò la sua poesia a scapito delle opere in prosa. Le sue lettere furono pubblicate con numerosi tagli e omissioni e la sua immagine fu variamente utilizzata e distorta.

Negli anni Venti e Trenta tutta la sua famiglia fu arrestata. Nel 1943 i Kosač sopravvissuti riuscirono a emigrare in Europa mettendo in salvo l’archivio della poetessa.

Il saggio di Oksana Zabužko dedicato a Lesja UkrajinkaCon l’indipendenza dell’Ucraina nel 1991 la figura e le opere di Lesja Ukrajinka sono state studiate e rivalutate. Nel 2021, in occasione dei 150 anni dalla nascita, è stata pubblicata la sua opera completa e non censurata in 14 volumi.

Tra gli studi dedicati a Lesja Ukrajinka ci piace ricordare Notre Dame d’Ucraine scritto da Oksana Zabužko, la più autorevole scrittrice ucraina contemporanea e poeta anch’essa.

Il saggio su Lesja Ukrajinka — purtroppo inedito in Italia così come Il museo dei segreti abbandonati (2009) il suo libro più importante — vuole dimostrare come le radici del movimento intellettuale ucraino moderno risiedano nel Romanticismo europeo e non nella tradizione socialista e marxista.

Il canto della foresta

Mavka e Lukaš, protagonisti del dramma di Lesja Ukrajinka Il Canto della foresta, interpretati dall'artista Myron LevytskyIl Canto della foresta — scritto nel 1911 quando l’autrice era già in Georgia — è ambientato in un luogo incantato ispirato ai boschi della Polissja, la sua regione natale, ed è popolato dalle creature, ad un tempo meravigliose ed inquietanti, che la tradizione popolare ucraina associava ai fenomeni naturali e al cambio della stagioni.

La protagonista è la ninfa Mavka che si innamora di Lukaš, un ragazzo del villaggio che si è recato nella foresta con il saggio zio Lev. Ad accendere per la prima volta il fuoco dell’amore in Mavka è la musica del flauto che Lukaš sta suonando inconsapevole della sua presenza.

Si tratta di una canzone popolare che i contadini ucraini eseguivano per esortare la primavera a tornare. La melodia strugge il cuore di Mavka e, al tempo stesso, smuove tutta la foresta: «Alla musica risponde il cuculo e poi l’usignolo. La rosaspina si schiude più intensa, i fiori di viburno si fanno più bianchi. Il biancospino si imbarazza e arrossisce. Anche al prugnolo, nero e spoglio, sbocciano dolci fiorellini».

L’amore tra Mavka e Lukaš non è compreso dalle altre creature della foresta, ma soprattutto è osteggiato dalle donne del villaggio: la madre del ragazzo e Kylyna, la nuora da lei prescelta. A differenza dello zio Lev le due donne non sanno entrare in sintonia con foresta, non apprezzano la musica di Lukaš e disprezzano la ninfa.

Lukaš non sa resistere alla loro pressione e così rinuncia sia alla musica sia all’amore per Mavka. La ninfa è invece in grado di superare le numerose prove che si trova ad affrontare, fino ad abbandonare il suo corpo e trasformarsi in un essere etereo, dotato di una voce in grado di parlare alle generazioni future.

«La fine del dramma non parla di morte — scrive nell’introduzione Yaryna Grusha, curatrice dell’edizione italiana de Il Canto della foresta —, ma della nascita della nuova Mavka, una potente voce femminile».

Nel 2023 è uscito nelle sale, anche italiane, il film di animazione Mavka e la foresta incantata dei registi ucraini Oleh Malamuzh e Oleksandra Riban, liberamente ispirato al dramma fiabesco di Lesja Ukrajinka.

Vincenzo Fratta

 

 

Lesja Ukrajinka, Il canto della foresta, Mondadori

 

Lesja Ukrajinka
Il canto della foresta
Mondadori, pp.145

Lascia un commento