AURELIO PICCA

La Gloria
come esperienza interiore

Aurelio Picca, La Gloria, Baldini+Castoldi. Nella foto: Tommaso Maestrelli e Giorgio Chinaglia, 1974

 

di Adriano Minardi Ruspi

Leggendo La Gloria, ultima fatica letteraria di Aurelio Picca, la prima impressione che si prova è quella di mettere la testa all’interno di un frullatore perché sono tante, qualcuno sosterrà troppe, le suggestioni a cui rimanda la sua scrittura.

Lo scrittore Aurelio PiccaLa prosa di Picca è a volte lineare come un fiume liscio, secondo uno schema narrativo logico e consequenziale, mentre altre volte, invece, passa bruscamente a un livello completamente diverso ma sempre più alto, soprattutto con l’utilizzo di una terminologia e costruzione narrativa più intensa.

Questa è probabilmente la cifra letteraria propria ed assolutamente esclusiva di Aurelio Picca in questo suo purtroppo breve racconto in cui non spiega ma racconta la Gloria. Non soltanto attraverso singoli episodi o descrivendo singoli personaggi o campioni.

Lo fa attraverso una serie di suggestioni che attraversano la propria storia ed esperienza personale di approccio allo sport ed alla passione sportiva e civile, con la descrizione dei momenti in cui ha partecipato, ha vissuto e durante i quali ha toccato quasi con mano l’esplosione della gloria. Il rito del tifo come iniziazione individuale al «sentire» la gloria, che diventa nello stesso tempo rito collettivo.

Alle partite della Lazio

Giorgio Chinaglia saluta i tifosi dopo un goalÈ magnifica la descrizione della partecipazione alle partite della Lazio con la scoperta del mondo ultras, o meglio della primogenitura di quello che poi sarà il tifo ultras in Italia, con il rituale della trasferta, con le scaramanzie e le superstizioni che rendono il tifo quasi un rito pagano.

Nel libro c’è tutto, c’è l’esaltazione dello sport come momento di partecipazione e connessione alla vita di un singolo campione, ma c’è anche la conquista della gloria sportiva in modalità individuale, del tutto anonima e da persona sconosciuta, non destinata alla notorietà, che vive e approccia lo sport, come anche la vita, in maniera assolutamente personale e poi si perde o si sublima nel corso della vita stessa.

C’è la storia di atleti e campioni eterni dell’atletica come Pietro Mennea, di motociclisti campioni, ma c’è anche la storia degli amanti anonimi della corsa in motocicletta che purtroppo qualche volta perdono la loro vita per un eccesso di imprudenza o forse per un eccesso di ricerca di gloria,

Benvenuti vs Monzon

Un momento del match Benvenuti vs Monzón, 1971C’è il pugilato, quella «nobile arte» che anela alla gloria sotto i riflettori in quel ring che non è altro che la versione moderna, seppure ridotta, di un anfiteatro.

C’è la descrizione minuziosa e bellissima della sconfitta di Nino Benvenuti con Carlos Monzón e della partecipazione popolare all’evento.

C’è tutta la storia della Lazio del 1974, di cui l’autore è tifoso illustre, già raccontata all’interno del documentario recentemente prodotto da Sky Italia, c’è la storia di quegli anni in cui esplode la gloria collettiva di un gruppo anomalo ma bellissimo, gonfio di personalità esuberanti in un’epoca già frizzante di passioni e di eccessi.

L’indimenticabile 1974

Quella storia, da descrivere come una cavalcata impetuosa sopra la testa del mondo, e anche solo per questo da ricordare in eterno, non è solo la storia dei Maestrelli, dei Chinaglia, dei Wilson, di Luigi Martini o di Re Cecconi è anche la storia e la gloria vissuta dai giovani che andavano in curva e da allora non hanno più smesso di farlo perché quando tocchi la gloria non puoi fare a meno di continuare a cercarla.

Allora forse quello che ti rimane della lettura di quest’opera è la dimostrazione evidente che la gloria non nasce soltanto dall’alto, in contesti sociali in cui l’educazione a comportamenti virtuosi o anche eccessivi è quasi una regola di vita.

La gloria nasce soprattutto dal basso, nasce dai barrios argentini da cui parte Carlos Monzón con la sua faccia dura da indio incattivito dalla vita; dalla gioia di un momento della vita di un anonimo fantino durante il Palio di Siena in quella meravigliosa arena che è Piazza del Campo che Picca definisce come «il più grande utero del mondo».

Il passaggio del Giro d’Italia

Il passaggio del Giro d'ItaliaC’è nel ciclismo dei campioni — tutti peraltro venuti dal basso e tutti cresciuti nell’etica del sacrificio e del lavoro — ma c’è anche nel gioioso spaesamento dei bambini che attendono il passaggio del giro d’Italia scortati dalle maestre quando cercano di fissare ed eternare in un attimo il contatto visivo con un campione.

Il libro di Aurelio Picca è un libro fondamentalmente di suggestioni, apparentemente senza un filo razionale, ma in realtà concatenate proprio dalla logica stessa delle sensazioni, in cui si comprende che la gloria non si lega alla notorietà, non è legata strettamente solo al successo.

La gloria è un momento individuale che chiunque può raggiungere anche in solitudine, per effetto dello sport o di qualunque altra suggestione, anche se evidentemente è soprattutto nello sforzo e nella tensione sportiva che fondamentalmente si focalizza ed eternandosi si rende fruibile a tutti.

Una sublimazione, un picco della volontà di potenza individuale.

Storie grandi e piccole

Questo è un libro che si legge tutto d’un fiato, che rimanda ad altri e tanti possibili canali interpretativi che piombano addosso al lettore uno dietro l’altro, in un fluire da fiume in piena che non conosce ostacoli e che entra nella mente del lettore in modo irriverente e quasi oltraggioso.

In una stagione letteraria gonfia di intimismi deboli, di atmosfere plumbee, è una letteratura importante quella che entra prepotentemente nella mente del lettore e che rende onore alla capacità, alla tecnica narrativa di un autore che mescola storie grandi e piccole, la propria vita e le storie di amici o sconosciuti in un fluire inarrestabile.

Ma è anche un libro che fa bene soprattutto a chi ama ama lo sport, a chi pensa che lo sport non sia legato soltanto ad un risultato roboante ma sia ricerca di un’auto esaltazione di sé che non conosce ostacoli, che può anche non conoscere il successo o l’eternità del ricordo, ma che alla fine premia sempre.

Adriano Minardi Ruspi

 

 

 

Aurelio Picca
La Gloria
Baldini+Castoldi, pp.192

Lascia un commento