Sono trascorsi più di ottant’anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale, ma nonostante i luoghi comuni sull’importanza di non dimenticare quanto accadde in quei terribili anni resta ancora un vuoto nella memoria nei media e nelle istituzioni: i bombardamenti anglo-americani sulle città italiane. A ricordarcelo è il saggio di Giuseppe Scalici 1944. La distruzione, edito da Passaggio al Bosco.
Dopo essersi recato in pellegrinaggio in tutte le località dove si perpetua la memoria di eccidi e atti di violenza compiuti nel 1944-45 dall’esercito tedesco in ritirata verso la Germania, finalmente il 14 ottobre scorso Sergio Mattarella si è recato a Gorla per rendere omaggio ai 184 bambini uccisi nell’incursione dell’aviazione Usa effettuata il 20 ottobre 1944 sul quartiere alla periferia di Milano.
La strage dei bambini di Gorla
Una bomba colpì la scuola elementare «Francesco Crispi» mentre i piccoli alunni scendevano le scale per recarsi nel rifugio. Restarono uccisi i 184 bambini, la preside, quindici professori e quattro bidelli. Altre seicento persone morirono tra le case del quartiere.
Nessuna scusa arrivò dalle autorità statunitensi. Il comando aereo parlò di errore tecnico, senza mai spendere una parola sulle piccole vittime né sulla morte degli altri abitanti di Gorla.
Anche a guerra finita le autorità americane proseguirono nel loro cinico atteggiamento, cercando addirittura di impedire la realizzazione del monumento in ricordo dell’eccidio fortemente voluto e realizzato dai famigliari dei bambini uccisi.
La prima visita a Gorla di un Presidente della Repubblica assume dunque un significato importante. Ci auguriamo possa servire di esempio alle tante amministrazioni comunali le quali nel commemorare gli anniversari dei bombardamenti delle loro città dimenticano spesso di ricordare che a portare la morte non furono i tedeschi bensì gli inglesi e gli americani.
Non chiamatelo «errore»
La definizione di «errore», per Gorla così come per un’infinità di situazioni analoghe, è decisamente insufficiente, in quanto gli aerei anglo-americani si liberavano sistematicamente delle bombe non sganciate sugli obiettivi originari lasciandole cadere sulle abitazioni sottostanti.
Inoltre, sia pure in misura decisamente minore rispetto alla Germania, fatta oggetto di sistematici bombardamenti strategici, è indubbio che anche in Italia gli anglo-americani non si limitarono unicamente ad incursioni aeree «tattiche», cioè mirate alla distruzione di apparati produttivi, strutture militari e vie di comunicazione.
Le città italiane furono duramente colpite dalle bombe, con un bilancio di vite umane perdute – in gran parte donne e bambini – che oscilla tra le sessantamila e le centomila unità. Incalcolabili i danni materiali alle infrastrutture ed enormi anche le distruzioni del patrimonio artistico, architettonico e religioso del nostro Paese.
Ad esempio, nell’incursione aerea del 7 aprile 1944 su Treviso, fu colpito l’intero centro storico. Le bombe causarono la morte di 1.600 civili e il ferimento di 7.000. Furono distrutti o resi inabitabili l’82% dei 4.600 edifici esistenti prima della guerra.
La strategia Alleata
Giuseppe Scalisi, veneto di nascita, approfondisce in modo particolare le incursioni aree anglo-americane che provocarono distruzione e morte a Mestre, Porto Marghera, Venezia e nel restante nord-est.
Ci raccolta di «Pippo» — soprannome dato agli aeroplani solitari che si dedicavano al mitragliamento indiscriminato dei civili nelle campagne e nelle borgate isolate — e documenta i mitragliamenti nella laguna di Venezia.
Se i bombardamenti indiscriminati sulle città avevano l’obiettivo di punire un popolo che non si era piegato ai piani degli Alleati e aveva appoggiato il paese in guerra, i mitragliamenti isolati si proponevano di far vivere le popolazioni in condizione di pericolo mortale continuo, rendendo così proibitiva ogni forma, seppur relativa di normalità: recarsi al lavoro, a scuola, raggiungere familiari.
Insieme ai bombardamenti terroristici sulle città «1944. La distruzione» affronta anche i principali temi collegati agli ultimi due anni del conflitto mondiale.
La morte della Patria — ovvero il «pasticcio» dell’armistizio dell’8 settembre 1943 con la fuga del Re e l’esercito lasciato senza direttive —, la consistenza delle forze in campo, la riorganizzazione statuale e militare della Rsi, gli sforzi della contraerea e dell’aviazione per proteggere le città, il ruolo della nascente resistenza, la resa delle forze armate italo-tedesche, il trattato di pace e la fine della sovranità nazionale.
Gli eventi descritti nel documentato libro di Giuseppe Scalisi hanno dunque il merito di far conoscere alle giovani generazioni quanto realmente accaduto negli anni più drammatici della nostra storia moderna, indispensabile premessa per comprendere l’attuale status geopolitico dell’Italia.
Vincenzo Fratta
Giuseppe Scalici
1944. La distruzione
Passaggio al Bosco, pp.308