Nietzsche al piano è una lettura della vita dell’autore dello Zarathustra incentrata sul rapporto del filosofo con la musica, nata dalla sensibilità dell’illustratore e scrittore francese Frédéric Pajak, che l’ha inserita nella serie di biografie di personalità del Novecento denominate «Manifesto incerto».
Le biografie di Pajak hanno un taglio personalissimo, difficile da definire, che intreccia alle notizie biografiche citazioni, impressioni personali, grafica.
In Francia «Manifesto incerto» conta al momento sette titoli, mentre Nietzsche al piano è il quarto volumetto proposto in italiano da L’Orma editore che ne ha affidato la traduzione a Nicolò Petruzzella.
Il rapporto di Frédéric Pajak con il filosofo va oltre la mera lettura. «L’incontro con Nietzsche ― scrive l’autore di Manifesto incerto ― era una esperienza totale, in parte filosofica, ma soprattutto estetica, e cioè poetica e musicale.
Leggendolo e rileggendolo appare chiaro quanto la musica intrida la sua scrittura: ogni frase è melodiosa, ogni libro è una sinfonia. Nietzsche è prima di tutto un musicista, e la musica non lo ha mai abbandonato».
Il giovane Friedrich comincia presto a studiare il pianoforte, è un allievo dotato, non soltanto impara a leggere la musica e a decifrare gli spartiti di opere sinfoniche, che suona nella trascrizione per tastiere, ma acquisisce anche nozioni di composizione e armonia.
Già a quattordici anni compone diversi brani per pianoforte e continuerà a farlo per tutta la vita.
Un virtuoso eccellente
Diventerà un eccellente interprete ma i suoi brani aurorali non brilleranno mai. Le sue composizioni non suscitano l’interesse di nessuna personalità di spicco del mondo della musica. Né i coniugi Wagner, con cui lo legherà una lunga amicizia cui seguirà una traumatica rottura, né l’autorevole direttore d’orchestra Hans von Bülow, al quale per due volte il musicista-filosofo aveva inviato una sua partitura.
In compenso tutte le volte che Nietzsche si mette al pianoforte il suo suono, il suo tocco, la sua passione sbalordiscono chi l’ascolta. Un suo «mediocre» brano, trasformato dalla sua interpretazione, stupisce perfino Cosima Wagner: «Suonò in modo commovente, variegando le sue fantasie di spunti musicali tanto meravigliosi che la signora restò di sasso…».
La rottura con Wagner
Nel sua appassionata biografia, arricchita con otto disegni originali, Frédéric Pajak approfondisce il rapporto di Nietzsche con i coniugi Wagner, raccontando come le «giornate meravigliose» passate dal filosofo nella residenza dei Wagner a Tribschen furono soltanto una breve primavera.
Ben presto Nietzsche si allontanò dal maestro. A poco a poco il discepolo fervente si tramutò in apostata, l’apologeta in denigratore, il complice in avversario accanito.
Per Nietzsche l’opposizione a Wagner costituisce una tragedia personale, il dolore di essersi dovuto allontanare dal «solo uomo che abbia mai amato».
Dalla lettura delle pagine di Pajak la divaricazione da Richard Wagner e Cosima sarebbe legata alla sofferenza interiore che il rigetto delle sue composizioni avrebbe avuto su Nietzsche.
Un gelosia «metafisica»
Giorgio Locchi, studioso della filosofia del Novecento ― in primis di Heidegger e Nietzsche ― nel suo saggio Wagner Nietzsche e il mito sovrumanista va più a fondo. La sofferenza deriverebbe sì da una sorta di gelosia, ma dalle «dimensioni metafisiche».
Secondo Giorgio Locchi il filosofo avrebbe voluto occupare nella storia anche il posto che legittimamente spetta al compositore, sforzandosi di dimostrare che Wagner non era quel creatore di un mito nuovo, rigeneratore della storia, che egli definisce «mito sovrumanista».
«Nietzsche ha disegnato in termini filosofici la struttura del mito sovrumanista e, con linguaggio nuovo, ha conferito una prima evidenza alle implicazioni di questo mito. Ma questo mito ― spiega Locchi ― già esisteva, rappresentato da e nel dramma wagneriano: Nietzsche non ha fatto altro che dargli un ‘nome’ e una ‘formulazione’ filosofica.
Struttura ed elementi del mito formulato da Nietzsche con espressione poetico-filosofica sono già tutti presenti nel mito creato da Wagner con espressione poetico-musicale (Wort-Ton-Drama). Nei due casi la stessa ‘idea dell’uomo’ sono affermate e proposte, insieme ad un identico ‘progetto storico’ globale».
Resta soltanto la musica
Nell’ultima parte di Nietzsche al piano l’autore del «Manifesto incerto» fa percepire al lettore il dramma che filosofo vive negli undici anni intercorsi tra il crollo mentale avvenuto a Torino il 3 gennaio 1989 e la sua scomparsa il 25 agosto 1900.
Quando tutto gli è ormai precluso dalla condizione psichica ― non è più in grado di leggere né scrivere e non ricorda di aver pubblicato dei libri ― nel suo animo svagato resta soltanto la musica, che lo ammalia, lo acquieta, gli fa illuminare il viso. E talvolta si lascia ancora suonare: «La sua musica al piano è talmente piena di sentimento che ci si può accorgere di quanto, suonando, pensi».
«Dio ci ha dato la musica ― scriveva un Nietzsche adolescente ― in primo luogo per indirizzarci verso l’alto. La musica raduna in sé tutte le virtù, sa essere nobile e scherzosa, sa rallegrarci e ammansisce l’animo più rozzo con la dolcezza delle sue note melanconiche. Ma il suo compito principale è guidare i nostri pensieri verso l’alto, così da elevarci, da toccarci nel profondo».
Vincenzo Fratta
Frédéric Pajak
Nietzsche al piano
L’Orma Editore, pp.80