F. RAMPINI, GRAZIE, OCCIDENTE!

La foglia di fico
che copre l’egemonia yankee

«Grazie, Occidente!», il panegirico di Federico Rampini all'american way of life

 

Mi ero sempre ripromesso di leggere un libro di Federico Rampini, da quando erano usciti i suoi volumi sul secolo cinese. Mi sono accontentato sempre di stralci, articoli o interviste, anche seguiti piuttosto distrattamente. Non era mai entrato nei radar dei miei interessi forse perché i temi mi sembravano comunque distanti. Discorso diverso per Grazie, Occidente!.

Il giornalista e saggista Federico RampiniIl termine Occidente mi coinvolge necessariamente se non altro per ragioni geografiche. Ma a spingermi alla lettura c’è anche il ripensamento di questa definizione di fronte alla sua evocazione come spazio ideologico, politico ed economico, per la prima volta in diretto conflitto proprio nel cuore dell’Europa.

Il libro è un’apologia sconfinata di tutto ciò che deriverebbe dalla civiltà americano-centrica nelle sue propaggini anteriori e posteriori. In sintesi, ciò che di buono si trova in altre latitudini è frutto di tale modello, e vi si discosta ciò che è negativo: vi si celebra quindi la superiorità rispetto alle altre civiltà.

Un capitolo intero è dedicato alle scoperte occidentali, di come hanno prodotto uno sviluppo nel benessere globale.

Pur focalizzandosi quasi completamente sul dato tecnologico, si affianca a questo un accenno alla superiorità del modello politico ed economico.

Tuttavia ciò, è compiuto in una maniera troppo superficiale e anche contraddittoria.

Per una disamina ideologico politica ci sono testi certamente più ispirati (anche se non immuni anch’essi da critiche), come quelli di Vittorio Emanuele Parsi.

La supremazia tecnologica

Mentre nel Medioevo si possono scorgere invenzioni significative sia in Oriente (bussola, polvere da sparo, automa meccanico), e Occidente, con le rivoluzioni industriali si assiste ad un utilizzo su vasta scala della tecnologia e ad un gap di sviluppo dei paesi del cosiddetto Occidente.

Le premesse per questo cambio di passo sono lo sviluppo demografico, la disponibilità abbondante di materie prime, l’incremento del commercio e la specializzazione dei produttori.

Viene però omessa l’altra faccia dell’industrializzazione, lo sfruttamento della manodopera e delle risorse naturali, nonché il decadimento degli habitat.

Da un altro punto di vista lo sviluppo industriale può essere visto semplicemente come risultato di una nuova disponibilità energetica: i combustibili fossili, infatti, hanno rappresentato un propulsore esponenziale al progresso materiale dell’occidente.

In questa ottica si deve inquadrare il contesto attuale: il nuovo impulso allo sviluppo verrà certamente dall’energia atomica, la cui leadership, anche per i reattori smart, dalle dimensioni più ridotte e dalla logistica più semplificata, è nelle mani di Russia e Cina.

Il contesto culturale

Si può obiettare all’automatismo entusiasta di collegare superiorità tecnologica a superiorità culturale e, infine, politica. Le condizioni espresse nel libro per alimentare lo sviluppo tecnologico, in realtà, sono estremamente più comuni e potrebbero essere così sintetizzate:

  • Disponibilità finanziaria. In passato i mecenati erano i governanti, oggi la ricchezza è per lo più nelle mani delle multinazionali (con bilanci come Pil degli Stati da dedicare tutti all’innovazione).
  • Scambi culturali e reti di conoscenza. Gli Usa sono stati un bacino naturale, anzi un’incubatrice, di confronto tra diversi gruppi sociali e nazionali, ad oggi, però, si stanno creando legami diretti tra i Paesi che bypassano l’esperienza e il riferimento statunitense;
  • Libertà di ricerca. L’assenza di preconcetti ideologici favorisce l’innovazione, una grande capacità organizzativa (propria di regimi più autoritari) ne permette un’efficace applicazione.

Riguardo quest’ultimo punto è dato per assodato che la ricerca del profitto, tipica di una società capitalista, sia l’impulso migliore per lo sviluppo industriale e l’innovazione, quasi che questo schema mentale replichi l’istinto di adattamento e di conservazione che hanno caratterizzato l’evoluzione naturale della specie umana.

Tuttavia, la ricerca del profitto personale del modello capitalista, oltre a comportare una concentrazione anomala di ricchezza (circa metà detenuta dall’1% della popolazione, quasi tutta statunitense) difficilmente si può coniugare, oltre che con l’incremento demografico, con il rispetto dell’ambiente naturale ponendosi gli effetti nei confronti di altri (e sconosciuti perché futuri) individui.

Da qui la difficoltà di percepire il modello occidentale come sostenibile e superiore, e da qui anche la mancata comprensione della necessità di cambiare per primi il paradigma sia per il debito storico nei confronti dell’ambiente, sia perché matrice di quella mentalità di sfruttamento.

Un modello incoerente

Da ciò consegue la difficoltà di avvertire un tramonto, che non si pone certo in maniera deterministica, come sembra suggerire Federico Rampini, ma è conseguenza di un particolarismo sempre più autoreferenziale che non ha è assurto, e non avrebbe potuto, a modello universale.

Nonostante l’autore voglia convincere del contrario non esiste organicità né coerenza nel modello occidentale, che si piega alle più svariate «ragion di Stato», con ciò tradendo i suoi stessi principi di libertà.

Rileggendo le premesse entusiastiche di Grazie, Occidente! riguardo la magnificenza assoluta di un liberalismo economico estremo, si sarebbe portati a credere che l’autore sia coerentemente contro sia ai dazi (alla Cina), che alle sanzioni economiche.

Ovviamente no, se non per la constatazione opportunistica di favorire altri mercati in espansione.

Siamo quindi alla politica come volontà di potenza, in cui l’attore dominante detta le regole, il contrario della legittimità di un potere in cui è il diritto, la bussola.

In questo quadro diritti umani e democrazia sono meri instrumentum regni, usati per ampliare l’influenza americana. Un’ipocrisia di cui sono sempre più avveduti tutti gli attori globali, che si stanno organizzando per vanificare il monopolio tecnologico ed economico, e quindi politico, degli Usa.

Tra arroganza e ideologia woke

Gli Stati Uniti tra arroganza e ideologia wokeLa perdita clamorosa di credibilità dell’Occidente nella difesa dei diritti umani, dopo l’incondizionato sostegno ad Israele, nonostante le pesanti accuse addebitate, arrivando addirittura a boicottare quelle istituzioni di promozione umana di cui ha determinato la nascita dopo la Seconda guerra mondiale e che potevano rappresentare il frutto più maturo della sua eredità, ha portato ad una percezione di fastidio di fronte alla narrazione autocelebrativa che si trova nel libro di Rampini.

Detto ciò, il proliferare dell’ideologia woke potrebbe rappresentare una reazione emotiva a fronte di questo percepito squilibrio.

Non essendo personalmente un’entusiasta di tale pensiero negativo, anzi, posso coglierne la genesi nella volontà di evitare il particolarismo occidentalista che tante distorsioni cognitive comporta.

Lo stesso Rampini sembra vivere e giudicare dalla sua bolla, erto sul suo piedistallo (un capitolo si intitola «Perché possiamo dirci superiori»), evitando quel rapporto alla pari (con le altre nazioni), che oggi, a differenza di ieri, non è più eludibile.

Ci sono tuttavia ottimi spunti nel libro e riflessioni non banali. Ad esempio, sul declino demografico, frutto di una cultura che non ritiene più appagante la realizzazione familiare rispetto alla carriera, oppure la percezione di un impegno eccessivo nel crescere figli al quale si aggiunge l’angoscia per il futuro.

Non mancano poi prese di posizione coraggiose contro le ideologie che impediscono la tranquillità dell’ordine o lo sviluppo di una meritocrazia, oppure che sovvertono i punti di riferimento naturali di una società.

Interessante poi, in un libro del genere, trovare la candida ammissione di brogli in alcune elezioni vinte dai democratici, andando a toccare il loro mostro sacro Jfk, per la cui vittoria è risultato decisivo il sindaco di Chicago che avrebbe fatto votare cittadini defunti, tema quanto mai attuale dal 6 gennaio 2021.

In sintesi un libro da leggere se non altro perché compendia quella che a sua volta può essere chiamata ideologia occidentalista di cui è inguaribilmente malata anche l’Ue che sembra incapace di declinare una propria identità, magari di frontiera.

Armando Mantuano

 

 

Federico Rampini, Grazie, Occidente!, Mondadori

 

Federico Rampini
Grazie, Occidente!
Mondadori, pp.348

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