MARGHERITA SARFATTI

Donna
e intellettuale integrale

Margherita Sarfatti al lavoro nel suo studio

 

di Adriano Minardi Ruspi

Un aspetto positivo della versione televisiva del romanzo di Antonio Scurati è stato l’aver riproposto al grande pubblico la figura di Margherita Sarfatti. Nella trasposizione televisiva viene rappresentata come una donna dalle notevoli capacità intellettuali, legata a Mussolini da una forte passionalità.

Una giovane Margherita Sarfatti (1880-1961)Viene anche evidenziato il suo acume politico, la capacità di analizzare le situazioni e di influenzare l’azione di Mussolini, soprattutto nella fase precedente alla marcia su Roma e nei primi atti di governo.

Un’immagine, tuttavia, sbilanciata su alcuni aspetti, legati alla passione amorosa e alla carnalità fortemente esasperati, quasi ridotti a macchietta, al punto tale da dubitare ― anche in questo caso ― dell’aderenza storica o quantomeno della verosimiglianza del ritratto offerto.

Dalla dannazione alla rivalutazione

Ritratto di Margherita SarfattiMargherita Sarfatti fu molto più che una semplice amante, come è stato acutamente evidenziato nel dibattito aperto dalla serie televisiva.

La sua figura, dopo aver pagato negli anni del dopoguerra, fino addirittura oltre il tempo della sua morte nel 1961, quella damnatio memoriae che ha coinvolto molti dei personaggi di spicco del regime sopravvissuti al suo crollo, aveva poi conosciuto nei decenni successivi una progressiva ma costante rielaborazione.

Era sempre più difficile misconoscere le qualità che ne avevano fatto una delle personalità più influenti nel mondo della critica d’arte italiana ed europea, in un tempo in cui erano rarissimi gli esempi di donne che esercitavano in questo campo.

Intellettuale precoce, dedita alla lettura e alla ricerca fin da giovane, divenne rapidamente una figura centrale nei cenacoli culturali dell’epoca. Creò uno dei salotti più importanti della Milano politica e artistica dei primi anni del 900, frequentato da personalità come Umberto Boccioni, Mario Sironi e Filippo Tommaso Marinetti.

Vicina al movimento socialista, fu impegnata nell’attività sociale e politica, sostenendo il ruolo di artisti e intellettuali e cercando sempre di mantenere un posto di rilievo nella vita intellettuale del tempo.

L’incontro fatale con M

La biografia di Benito Mussolini scritta da Margherita Sarfatti fu pubblicata in inglese nel 1925 con il titolo 'The life of Benito Mussolini. In Italia uscì l'anno seguente con il semplice titolo 'Dux'L’incontro con Benito Mussolini, avvenuto nel momento in cui quest’ultimo assunse la direzione dell’Avanti a Milano, fu l’avvio di una relazione caratterizzata da una grande passionalità ma che Sarfatti alimentò anche per curiosità intellettuale nei confronti di quel, per molti versi, stravagante rivoluzionario romagnolo dalle citazioni roboanti (come lei stessa ricordò) che in qualche modo intrigava il cervello e alimentava la riflessione della giovane donna.

Questa premessa serve per comprendere come poi la figura di Margherita Sarfatti sia stata oggetto di una rielaborazione che in alcuni casi ha puntato sul ruolo che la donna ebbe nell’ambito della critica d’arte e nello sviluppo dell’arte italiana nella prima metà del 900, dall’altra invece si è cercato di ricostruirne la figura a tutto tondo evidenziando anche le profonde implicazioni politiche della sua azione.

In primo luogo, smentendo la favola secondo la quale l’autrice di Dux fu sempre e solo fondamentalmente mussoliniana, cioè votata a creare ed alimentare ― quasi come una social manager dei nostri giorni ― la promozione prima ed il culto poi della figura di Mussolini, senza per questo essere fascista o come se l’adesione al movimento fascista fosse stata incidentale, una conseguenza quasi naturale dell’aver legato la propria vita sentimentale al Duce.

Margherita raccontata da Micol

Adolfo Wildt, Margherita Sarfatti,1930 (coll. priv.)Due libri recenti esplorano la figura di Margherita Sarfatti. Il primo è scritto da Micol Sarfatti, giornalista del Corriere della Sera nonché sua parente per parte di padre.

Il libro punta soprattutto sulla descrizione del mondo intorno a Margherita, esplorandone, con forte immedesimazione, il lato della dimensione psicologica, pur ricostruendone senza reticenze la vita e le scelte, che vengono raccontate e spiegate in un’ottica molto più intima e personale, ovviamente diversa rispetto ad una chiave di lettura finalizzata a interpretazioni di taglio diverso.

Si racconta e si spiega in modo estremamente efficace la delusione e il ripensamento di Sarfatti, prima emarginata da Mussolini che le tolse il ruolo di «regina delle arti italiane», assunto di fatto fino ai primi anni ’30, e poi costretta a lasciare l’Italia per le leggi razziali del 1938.

Di taglio diverso è il saggio Novecento di Claudio Siniscalchi, incentrato proprio sull’influenza politica che Margherita ebbe su Mussolini e sulla stessa evoluzione del fascismo, che la critica d’arte concorse a determinare nel suo divenire.

Certamente Sarfatti fu una formidabile organizzatrice del mito prima e del culto di Mussolini poi, se solo pensiamo alla successo della sua biografia del capo del fascismo. Dux ebbe una straordinaria diffusione all’estero e contribuì ad alimentare ed accrescere l’interesse intorno a Mussolini e al fascismo che, soprattutto primi anni di governo, fu enorme nel mondo e soprattutto negli Stati Uniti.

Il Novecento di Margherita Sarfatti

Margherita Sarfatti circondata dai quadri del suo NovecentoMargherita Sarfatti si spese moltissimo in quest’opera di conoscenza e diffusione del fascismo fuori dai confini nazionali, divenendo essa stessa «ambasciatrice» della figura di Mussolini e testimone di come il fascismo stesso intendesse cambiare la società italiana.

La critica d’arte fu anche la prima direttrice di Gerarchia, rivista ufficiale del fascismo fondata nel 1924 con il compito di definire e precisare un’ideologia sino ad allora in tumultuoso divenire.

Il ruolo di Sarfatti andò dunque oltre la sola creazione del mito di Mussolini perché la sua opera intellettuale sarà fondamentale per l’individuazione di quello che diverrà uno dei temi prevalenti della dimensione ideologica fascista, rappresentato dal recupero della romanità e della vocazione imperiale di Roma.

Il culto della romanità rappresentava uno dei pilastri dell’idea fascista di rinnovamento della società italiana e questa visione Sarfatti l’aveva importata direttamente dalla sua attività di animatrice della storia dell’arte, che non a caso la portò alla creazione della corrente artistica del Novecento radunando attorno alla sua figura artisti, pittori e scultori tutti animati dal culto della classicità e dall’idea di un suo recupero non fine a sé stesso ma recependo le istanze della modernità per come si erano manifestate sino ad allora.

Non una classicità da museo, statica, ma attenta alle istanze che le avanguardie avevano portato ed alimentato nel dibattito artistico, in una dialettica tra forme espressive che mai come in quel periodo fu così forte e viva nella storia dell’arte italiana.

Una battaglia culturale che la vide combattere sia gli epigoni della modernità tout court ma anche quanti intendevano promuovere un’idea di arte di Stato molto più ideologizzata e al servizio integrale dell’idea fascista. Da questo punto di vista i suoi principali nemici furono proprio quelle correnti che si radunavano intorno a Roberto Farinacci e che contribuirono fortemente al suo progressivo isolamento, prima, ed allontanamento poi.

Il distacco prima personale dalla vita di Mussolini e poi pubblico con la progressiva perdita dei ruoli e delle responsabilità, alimentò quel processo di delusione e di ripensamento che, con il culmine delle leggi razziali del 1938, l’avrebbe costretta ad abbandonare l’Italia.

Due letture complementari

I lavori di Micol Sarfatti e Claudio Siniscalchi presentano due chiavi di lettura diverse della personalità e dell’opera di una delle più grandi intellettuali del Novecento, entrambe comunque non parziali ma complementari della personalità di una donna che ci piace definire un’intellettuale integrale, fiera sostenitrice ante litteram del pieno diritto delle donne di partecipare alla vita intellettuale e civile del paese, da giovanissima già in contrasto con le femministe dell’epoca sui temi legati all’emancipazione femminile, come dimostra il suo tormentato rapporto con Anna Kuliscioff e col salotto che si animava a casa Turati nei primi anni del 900.

Margherita Sarfatti fu una donna integrale che non si risparmiò alla vita in nessun caso, che visse potremmo dire «a morsi» dal punto di vista della passionalità e della capacità e volontà d’intervento che la portò, sorretta da una grande ambizione, ad influenzare la vita sociale e politica del suo tempo come a pochissime altre donne era riuscito, in netto anticipo di quanto sarebbe poi maturato dal secondo dopoguerra in poi.

Entrambi i saggi sono utili alla comprensione di un’eccezionale protagonista del suo tempo. In precedenza il ruolo artistico di Margherita Sarfatti era già stato riletto nella biografia di Rachele Ferrario, incentrata sul ruolo artistico, mentre Luigi Marzorati, Philip Cannistraro e Bryan Sullivan avevano contribuito a delinearne la figura con i loro primi lavori biografici.

È interessante, infine, notare come si torni a discutere dell’opera di Sarfatti solo in seguito a una trasposizione televisiva che tende, tuttavia, ad enfatizzare la caratterizzazione dei personaggi piuttosto che narrarli approfonditamente, peculiarità da molti rilevata della rappresentazione cinematografica dell’opera di Antonio Scurati.

Adriano Minardi Ruspi

 

Micol Sarfatti, Margherita Sarfatti, Giulio Perrone Editore

 

 

Micol Sarfatti
Margherita Sarfatti
Giulio Perrone Ed, pp.92

 

 

 

Claudio Siniscalchi, Novecento, Altaforte Editore

 

Claudio Siniscalchi
Novecento
Altaforte Ed, pp.164

 

 

 

 

 

 

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