Dopo i romanzi ambientati durante la Guerra Civile Spagnola — i tre capitoli della saga di Falcò e la ricostruzione della battaglia dell’Ebro — e l’omaggio ai nostri sommozzatori incursori con L’Italiano, Arturo Perez-Reverte con Rivoluzione varca l’Atlantico e torna indietro di tre decenni per immergere il lettore nelle atmosfere infuocate del Messico di Pancho Villa e Emiliano Zapata.
La guerra civile che insanguinò per dieci anni il Messico fu un evento storico di inusitata violenza, durante la quale, per la prima volta nel XX secolo, un popolo si sollevò in armi.
Nel 1910 lo scoppio della rivoluzione
Arturo Perez-Reverte descrive gli eventi con il realismo caratteristico dei suoi libri. Oltre a conoscere bene il Messico, l’autore è stato per molti anni corrispondente di guerra e per questo nelle sue descrizioni c’è una dose di esperienza personale. Aver vissuto «l’odore e il sapore della guerra» rende più affascinanti le sue pagine.
Rivoluzione comincia nel 1910, allo scoppio dell’insurrezione guidata da Francisco Madero per rovesciare il regime di Porfirio Diaz. E precisamente con l’assalto dei rivoltosi capeggiati dal Francisco (Pancho) Villa alla strategica Ciudad Juárez che, per la sua posizione sulla sponda messicana del Rio Bravo, segna il confine con gli Stati Uniti.
La finzione letteraria utilizzata da Perez-Reverte per ricostruire il clima e gli avvenimenti della Rivoluzione è il personaggio di Martín Garret, un giovane ingegnere spagnolo inviato in Messico per dirigere una miniera.
L’ingegner Garret e il comandante Garza
L’incontro con il maggiore Genovevo Garza, fittizio comandante di un gruppo di uomini di Pancho Villa, cambierà la sua vita. L’ingegnere metterà a disposizione dei rivoltosi la sua esperienza con l’utilizzo della dinamite e vivrà insieme a loro delle grandi e pericolose avventure.
Rivoluzione è un romanzo di formazione, amicizie e lealtà — come molte delle storie capolavoro di Arturo Perez-Reverte — che «si svolge tra grandi cappelli, giacche charro, cartucciere incrociate, stivali con speroni, mitragliatrici, chitarre che accompagnano La cucaracha o Adelita e molto pericolo. A Martín non interessa la rivoluzione, non è la sua rivoluzione, non è coinvolto ideologicamente. Si lega alle persone il cui sangue gli schizza addosso».
Pancho Villa ed Emiliano Zapata
Dei due più noti comandanti rivoluzionati nel romanzo c’è più Villa che Zapata, come spiega l’autore in un’intervista: «Dovevo scegliere e ho scelto Pancho Villa. Zapata è l’indiano triste e malinconico, Villa è il nord selvaggio e aspro, delle passioni e delle donne, il nord è più felice del sud di Zapata. Per il tipo di storia mi era più adatto il nord di Villa, la rivoluzione spettacolare».
«Ho ritratto Pancho Villa così com’era, eccessivo in tutto. Su di lui è molto documentato e ho inventato pochissimo in generale. Le battaglie sono vere, così erano le accuse con cui Villa dissanguò la sua cavalleria a Celaya contro gli Obregonisti. Là Villa ricorda Napoleone a Waterloo, un Napoleone con un tocco di carneficina».
Intanto mentre stiamo «divorando» le pagine di Rivoluzione apprendiamo che è appena uscito La isla de la mujer dormida un nuovo romanzo dello scrittore ambientato durante la Guerra di Spagna, con le avventure dei protagonisti che ruotano intorno agli aiuti militari forniti via mare dalla Russia di Stalin al governo di Madrid.
C’è da augurarsi che l’editore italiano, avvalendosi ancora una volta della pregevole traduzione di Bruno Arpaia, non ci faccia aspettare troppo per la sua pubblicazione, magari dando la precedenza a La isla de la mujer dormida su un di un altro titolo di Arturo Perez-Reverte uscito nel 2023.
Vincenzo Fratta
Arturo Perez-Reverte
Rivoluzione
Rizzoli, pp.463